Le geografie di Fabrizio De Andrè

Son passati venticinque anni da quando Fabrizio De André se n’è andato. Un soffio.
Per ricordarlo abbiamo deciso di percorrere, insieme alle sue canzoni, le sue geografie. Ovviamente siamo partiamo da Genova, la sua città. E altrettanto ovviamente volendo ripercorrere le geografie genovesi di Faber non bisogna partire da antichi palazzi nobiliari, che nella città della Lanterna non mancano. Si deve i raggiungere la città vecchia, quella che Faber  ha fotografato con questi versi con i versi de La città vecchia. Fabrizio era un tifoso del Genoa calcio. Un legame nato nel 1947, quando allo stadio vide la squadra perdere contro il Grande Torino: “Mi piace il Genoa” sentenziò “perché ha i colori come le tute degli operai del comune”.
 Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio”. Sono le parole che Fabrizio De André dedica alla sua Sardegna, l’isola che ha amato profondamente e dove si è consumato uno dei momenti più drammatici della sua vita.
Sull’isola, insieme alla cantante e futura moglie Dori Ghezzi (la sposerà 14 anni dopo), Faber compra nel 1975 la tenuta dell’Agnata, un appezzamento di terra semi abbandonato con il tipico “stazzu”, il casale gallurese in granito, circondato da una foresta di querce sempreverdi, a pochi chilometri da Tempio Pausania e da Nuraghe Majori. “La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”.
“Ah, che bell’ ‘o cafè, pure in carcere ‘o sanno fa co’ a ricetta ch’a Ciccirinella, compagno di cella, c’ha dato mammà”. Lui stesso definì Napoli la sua patria morale, l’unico altro posto dopo Zena e la Gallura dove avrebbe potuto vivere. E con Don Raffaè, la sua canzone partenopea più famosa, eredità della lezione dialettale appresa dai poeti Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio, ha lasciato alla città del Vesuvio un componimento che i giovani napoletani studiano anche fra i banchi di scuola.
L’America per De Andrè era primariamente l’America dei nativi come testimonia l’album L’indiano.
Ma anche quella ‘umana’ raccontata nelle poesie di Edgar Lee Master.
L’ultima tappa non può che essere a Staglieno, il cimitero di Genova. Ospita anche Faber. Per chi volesse portargli un saluto: entrare dall’ingresso laterale (sul lato sinistro rispetto all’entrata principale), imboccare sulla sinistra il viale degli Eroi caduti di tutte le guerre; oltrepassare l’archivolto della Galleria Montino e proseguire sino al cartello segnaletico del campo 22 chiaramente  visibile sulla sinistra del viale che si sta percorrendo. La tomba della Famiglia De Andrè è proprio all’altezza di questo cartello. La si riconosce perchè è semplice e al suo interno c’è una chitarra.

Track list

De Andrè_Quello che non ho

De Andrè_La città vecchia

Baccini & De Andrè_Genova blues

De Andrè_Monti di Mola

De Andrè_Hotel Supramonte

De Andrè_Don Raffaè

De Andrè_Fiume Sand Creek

De Andrè_La collina

Joy Division_Love Will Tear Us Apart

De Andrè_Anime salve

Oriente cubano

Un parzialissimo resoconto del recente viaggio nell’Oriente Cubano con gli ascoltatori di Radio Popolare.  Prima tappa, un’escursione sulla Sierra Maestra, alla Comandancia General de La Plata, il luogo dove Fidel Castro decise di installare, nel 1958, il Comando dei Barbudos e le apparecchiature di Radio Rebelde. Da allora, si pianificò tutto da lì: le missioni di guerriglia e i messaggi al popolo cubano. Una camminata guidati da Husmani durante la quale ci ha raccontato storie fantastiche. Come quella delle foglie del cupey, una delle tante piante incontrate nella selva. Foglie che Carlos Manuel de Cespedes, il padre della patria cubana, utilizzava al posto dei fogli di carta per alfabetizzare i cubani. Husmani ne ha raccolta una e ci ha scritto “Viva Italia y Cuba. Amigos”.
A Baracoa abbiamo incontrato Alejandro Sebastiàn Hartmann Matos, l’historiador della città (figura che a Cuba gestisce il piano di sviluppo di una città, combinando trasformazione urbana e progetti culturali). Ci ha ricordato che Baracoa significa “luogo dell’acqua” perché è ricca di fiumi. Proprio per merito di questi fiumi e della posizione geografica privilegiata, oggi Baracoa conserva un micro-clima unico che va conservato e tutelato e che l’ha resa nota per essere l’area dove si produce il miglior cioccolato del mondo (anche se caffè e frutta non sono da meno). La conferma che l’historiador non esagerava è arrivata con l’escursione alla Boca de Yamuri, situata, come dice il nome, alla foce del Río Yumurí. Risalendo il fiume, prima in barca e poi a piedi, siamo accompagnati da Ruben Cesar Cintra, Shakira per gli amici. E’ lui a raccontarci che molte delle piante e degli alberi che qui si incontrano posseggono proprietà medicinali. Nel corso dei secoli, e grazie alle radici indigene e africane della regione, la gente del posto ha sviluppato una profonda conoscenza di questa vegetazione.  La foreste è un rifugio permanente per svariati animali e senza essere dei fondamentalisti del birdwatching ci si rende subito conto della grandiosità della fauna volatile: sono state censite più di 60 specie di uccelli, tra cui il tocororo (una vera e propria icona cubana perché il suo piumaggio ha i colori della bandiera nazionale: bianca rossa e blu). E’ anche la patria della polimita (Polymita picta), una specie di chiocciola che vive sugli alberi. Conosciuta come “lumaca dipinta”, per via dei colori brillanti della sua conchiglia, è considerata uno dei molluschi più belli del mondo ed è una specie endemica in pericolo a causa della perdita del suo habitat e della cattura dei suoi esemplari. Un’escursione, quella con Shakira, che termina con un pranzo sulla spiaggia… Partendo da Baracoa sulla nostra guagua giallorossa abbiamo caricato Ansel, un 25enne che partiva per “il viaggio”. E’ il figlio di Margarita, la padrona della Casa Particular dove abbiamo soggiornato. Noi lo abbiamo portato da Baracoa a Santiago. Da lì con un volo raggiungeva il Nicaragua. Poi contrattando con i passatori doveva attraversare il Centro America cercando infine di entrare negli Stati Uniti. A Santiago si è incamminato con uno zaino in spalla e una borsa di plastica in mano. Davanti a lui un sogno e un grosso punto di domanda, più grande del suo sogno…
Che ne sarà invece del sogno del socialismo cubano? Ne parliamo con Alfredo Somoza, giornalista e collaboratore di Esteri…

Mad Chester

Un viaggio virtuale in una delle geografie musicali più intriganti degli ultimi decenni: quello della Manchester che fu, la mitica Mad_chester.  Un viaggio nel tempo che inizia dall’ormai ex G-Mex Centre: oggi ribattezzato Central Convention Complex, oggi centro congressi. Basta spostarsi di pochi metri per raggiungere un altro edificio dalla marcata impronta vittoriana: la Free Trade Hall. Forse la vera culla della musica di Manchester, dove Bob Dylan fu chiamato «Giuda» negli anni Sessanta perché usò gli strumenti elettrici e dove nel 1976 i Sex Pistols iniziarono a diffondere il verbo del punk al di fuori di Londra ispirando, si narra, i Joy Division, i cui membri della band erano tra il pubblico. In quello che adesso è un hotel di super lusso (della vecchia struttura è  stata mantenuta solo la facciata), sono passate le più importanti band della scena locale. La Free Trade Hall sorge nel punto dove il 16 agosto del 1819 l’esercito inglese rivolse i propri fucili contro una folla di 60mila manifestanti, «colpevoli» di chiedere più democrazia e giustizia sociale. A differenza della Free Trade Hall, è ancora attivo l’adiacente Ritz, luogo dell’esordio assoluto in pubblico degli Smiths (per i fans di questa band tassativo raggiungere l’angolo tra Coronation Street e St Ignatius Walk, dove si trova il Salford Lads Club, celebre grazie alla quarta di copertina dell’album degli Smiths The Queen is Dead). Sempre nei paraggi, a Little Peter Street, c’era il Boardwalk, un popolare locale di musica dal vivo, attivo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. E’ li che fecero il loro debutto dal vivo gli Oasis.  The Man From Delmonte, the Charlatans, Happy Mondays, Female Brothers e James, che suonarono la serata di apertura nel 1986, erano tra le tante band di Manchester che apparivano frequentemente al Boardwalk prima di acquisire riconoscimento internazionale o scomparire nell’oscurità. Il locale ha anche ospitato altri artisti tra cui The Stone Roses, Hole, Sonic Youth, Chumbawamba, Jayne County, Verve, Bob Mold e Rage Against the Machine. Il locale era anche conosciuto come il fulcro della scena musicale britannica C86 (dal nome di una compilation su cassetta pubblicata dalla rivista musicale britannica NME nel 1986). Quello che per tre lustri (1982-1997) è stato forse il locale più famoso del Regno Unito è l’Hacienda, locale che deve il suo nome all’internazionale situazionista. All’interno dell’enorme capannone dove originariamente venivano costruite barche, alla fine del secolo scorso non si contavano più i concerti e le pazze nottate di Mad_chester. Al suo posto è sorto un edificio dalla chiara impronta estetica post-industriale. Gli appartamenti, che non sembrano per nulla economici, realizzati al suo interno venivano venduti con questo slogan promozionale: «nel 1989 vivevi per andare a divertirti all’Hacienda, nel 2019 vivi all’interno dell’Hacienda». Alla gentrificazione resistono, non si sa ancora per quanto, due storici pub: il City Inn Road e il Briton’s Protection. Quest’ultimo lotta per sopravviere allo strapotere delle grandi multinazionali birrarie pronte a rilevarlo e a farne un locale alla moda, cancellando 200 anni e passa di storia.

Puglia Bike Wine

Montiamo in sella e andiamo a scoprire la Puglia dei vini, pedalando attraverso alcune delle sue più importanti Doc. Viaggiamo d’autunno, a novembre, per schivare il turismo di massa e il caldo feroce che stroncherebbero il piacere di abbandonarsi a buon calice (o a più di uno…!).
Punto di partenza è Putignano, a 40 km a sud di Bari, sull’atopiano collinare della Murgia. Da lì pedaliamo per una quindicina di chilometri fino a raggiungere Giovanni Aiello, “enologo per amore”.  Siamo alle pendici della valle d’Itria, in una zona carsica calcarea: sotto terra le grotte, sopra i trulli e in lontananza, a pochi chilomteri, l’azzurro del mare. È qui che Aiello, dopo aver girato il mondo, ha aperto la sua cantina in cui produce Primitivo di Gioia del Colle e Verdeca. I suoi vini si chiamano Chakra e hanno già collezionato una sfliza di premi prestigiosi.
Più a sud, a Crispiano, nell’aerea delle cento Masserie, visitiamo la Masseria Amastuola, una struttura che ospita un elegante wine hotel, una bottaia, una libreria e un ristorante. Intorno ci sono circa 170 ettari di terreno, per la maggior parte coltivati a vigneto, dove i i filari disegnano delle grandi onde, disegnate dal paesaggista Fernando Caruncho. In cantina troviamo più di dieci varietà di vino biologico.
Per i buon gustai, tappa d’obbligo è Il Panino di Marino – Na Dogghia d’Aneme (letteralmente un languorino di stomaco) a Noci. Qui incontriamo un mito della gastronomia pugliese: Notarnicola Marino, “domatore d’appettito”, come si definisce lui…
Altro incontro che lascia il segno  è quello con Paolo Belloni, fondatore dei Giardini di Pomona. Lo incontriamo nel suo conservatorio botanico, incastonato tra 3 città bianche (Cisternino, Locorotondo e Martina Franca): è lui a illustrarci la sua collezione di vecchie varietà di alberi da frutto, una delle più importanti d’Europa.
Proseguendo il viaggio verso sud approdiamo a Manduria, nel cuore della terra del Primitivo. Qui visitiamo il Museo della Civiltà del Vino Primitivo, all’interno della storica Cantina Produttori di Manduria, la realtà cooperativa vitivinicola più longeva della Puglia.
Arriviamo quindi in Salento, terra del Negramaro, per degustare i vini della Cantina Moros a Guagnano. È Claudio Quarta, fondatore della cantina, ad accompagnarci in questo luogo affascinante, in cui vino e arte si intrecciano intorno alla doc del Salice Salentino.
L’ultimo tratto dell’itinerario ci porta sul mare, lungo la costa, dalla splendida riserva naturale di Torre Guaceto fino a Brindisi. Pedaliamo con il vento in faccia, a un passo dalle onde, mentre in testa risuonano le voci incontrate. Amore, terra, storia, natura, emozioni e alberi, sono le parole che si ripetono nelle interviste. Le stesse che ritrovate nella musica che accompagna il nostro racconto.

by Paola Piacentini

Trentino: come vivere la neve rispettando la montagna

 

E’ tornata la neve. E con lei la stagione invernale di chi vuole divertirsi con lei. Da qualche anno si registra la rivincita di uno sci minore, di quelle discipline un po’ sottovalutate, spesso bistrattate, frequentate soprattutto dagli appassionati dell’escursionismo e dello “slow ski”. Quelli che in montagna non cercano la velocità, ma il silenzio e la contemplazione della natura. Per loro il Trentino è un’ottima destinazione.
Una meta è il bosco di Fai della Paganella dove è nato il Parco del Respiro , un luogo aperto a tutti, dove l’unico biglietto che si deve pagare è costituito da “un patto”: quello di rispettare il bosco, perché ognuno di noi è responsabile della sua bellezza, della sua pulizia e della sua salute, solo così lui ci potrà rigenerare e fare stare bene come nessun altro posto sa fare. 
Antonio Brunori ci parla delle foreste certificate PEFC (ovvero foreste gestite in linea con i più severi requisiti ambientali, sociali ed economici), come il  bosco di Fai della Paganella. E di come si pratica correttamente il forest bathing.
Manuel Corso ci racconta come vivere la natura, con una serie di attività alternative allo sci di discesa,  nel comprensorio di San Martino di Castrozza e Primiero: dalle ciaspolate guidati da guide alpine a passeggiate sulla neve in sella a un cavallo. O, più semplicemente, seguire le tracce degli animali selvatici nel Bosco di Paneveggio per ascoltare la ‘foresta dei violini’.
Alessandro Fantelli, direttore di Ursus Adventure , ci parla di astrotrekking, bushcraft, winter bike, sci alpinismo… tutte attività che si possono fare sulle nevi della Val di Sole .
E per una sciata senza sensi colpa? Gianni Baldassarri, direttore delle funivie di Pinzolo, ci parla del tentativo di non violentare la natura con gli impianti di risalita,  sviluppando proposte diversificate e sostenibili, più vicine alla naturalità dei luoghi. E’ il caso delle Funivie di Pinzolo, che puntano alla neutralità carbonica. Insieme agli impianti di San Martino di Castrozza infatti sono certificate Si Rating per la sostenibilità ambientale, sociale e governance (Campiglio Dolomiti skiarea.)

visittrentino.info

Storie dalla Vallmaggia…

La Vallmaggia è una valle svizzera nelle immediate adiacenze del confine con l’Italia. E’ percorsa dal fiume Maggia, a cui deve il nome,  e si sviluppa verso nord, per circa 50 km, tra Locarno e il Lago Maggiore. E’ la più grande delle valli della Svizzera italiana,  incredibilmente verde, con  boschi fitti che in estate offrono una piacevole ombra nella bassa valle. In autunno si assiste ad un’esplosione di colori, in particolare nella Valle di Lodano, le cui antiche faggete hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.
Numerose le scoperte che si possono fare addentrandosi nella valle. A partire dalla Scalada Lónga, un autentico monumento della vita contadina del Ticino. Opera ciclopica frutto di ingegno e forza di volontà è un passaggio nelle gole di Campala, costeggiando Ri di Prato. “È davvero indescrivibile. Il sentiero prende d’assalto la roccia e pare una scala. Si compone or di pietra or di legno; talora vi si scorge la mano dell’uomo, tal’altra appare evidente il soccorso della natura” scriveva a fine Ottocento Federico Balli. E’ su questa Scalada Longa  che Chantal porta le sue mucche durante la transumanza, un’avventura raccontata con poesia da Mario Donati e Valeria Nidola in “Mucche in volo” (Salvioni Edizioni), splendido libro illustrato per ragazzi.
La Vallemaggia è stata a lungo terra di emigranti che in California hanno ricostruito paesi con lo stesso nome di quelli che avevano lasciato in Ticino. A riprova delle loro nuove fortune, i più fortunati, hanno costruito enormi magioni per ostentare le loro fortune americane. Un esempio sono i Palèzz fatti costruire a Someo da facoltosi emigrati in California tra il 1875 e il il 1892  (cinque sorsero in due anni). Ne parliamo con Giaele Cavalli e con Elio Genazzi, presidente dell’associazione che gestisce il Museo di Valmaggia a Cevio.
A trovare gli emigrati valmaggesi stabilitisi in California ci andò anche Emilio Balli, durante il suo giro del mondo effettuato tra il 1878 e il 1879. Un’avventura la sua raccontata nelle sale del Museo di Valmaggia con una mostra che rimarrà aperta sino ad ottobre 2024.
Il progetto è stato reso possibile grazie alla messa a disposizione e apertura dell’archivio di Emilio Balli, per anni accuratamente conservato tra le mura domestiche e alla preziosa collaborazione della Facoltà di geografia e ambiente dell’Università di Ginevra. Ispirato dalla lettura del libro, fresco di stampa (1872), di Julius Verne, “Il Giro del Mondo in 80 giorni”, Emilio Balli venne attratto dalle inserzioni apparse sui giornali di un viaggio attorno al Mondo per studiosi. Dotato di grande spirito pionieristico, non esitò ad iscriversi. La circumnavigazione durò 472 giorni e non fu priva di imprevisti…

Giro dei laghetti Naret – Valle del sasso nero

Radicepura Garden Festival… e non solo

Mauro Corona, scrittore e alpinista, apre Onde Road di questa settimana ricordandoci l’importanza di saper ascoltare le piante. E anche di saperci parlare.
Una persona che sicuramente sa parlare con le piante (…e le ascolta da sempre) è il Cavalier Venerando Faro. Settant’anni ben portati, lavora con le piante da quando era ragazzino. Non è quindi un caso se oggi sovraintende il parco botanico più grande d’Europa. E’ ai piedi dell’Etna, al centro del Mediterraneo. Per la precisione è a Carruba di Giarre, a pochi chilometri da Catania. Da un lato la maestosità imponente del Vulcano, dall’altro il limpido mare azzurro della costa jonica. E’ partito vendendo piantine che coltivava a casa girando con una moto ape. Oggi dà lavoro a quasi 400 persone. La sua tenuta è di 650 ettari: 50 di vigneto, 100 di agrumeto e circa 500 di vivaio. C’è spazio anche per un museo-giardino open air: si chiama Radicepura. 3000 specie di piante, 5000 varietà. Palmeti e cactacee di straordinaria bellezza, ma anche un orto botanico dove si coltivano centinaia di esemplari di piante mediterranee monumentali, definite le “piante madre”, dal cui seme vengono riprodotte tutte le altre piante. Questo dà la possibilità di avere una banca semi di alta qualità, senza patogeni, con certificazioni controllate e integrate. Tra le varie iniziative il Radicepura Garden Festival : un evento internazionale, con cadenza biennale,  dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio del Mediterraneo che coinvolge grandi protagonisti del paesaggismo, dell’arte e dell’architettura, giovani designer, studiosi, istituzioni e imprese. Marta Palumbo della Fondazione Radicepura ci parla dell’edizione 2023 del festival (che il 3 dicembre decreterà il giovane paesaggista vincitore dell’edizione di quest’anno), mentre Linda Grisoli, autrice con Gordon Goh de “Alla mensa di Madre Etna”, ci racconta la loro creazione (un lavoro che celebra la ricchezza delle piante commestibili, raffigurando la grande interazione tra la selezione naturale e l’interferenza umana nel corso del tempo, che ha portato alla diversità ecologica di oggi). 
La giornalista Emanuela Rosa Clot, direttrice della rivista Gardenia, ci regala qualche indirizzo dove trovare giardini eccellenti. Tra questi il Giardino di Ninfa a Cisterna di Latina e il Great Dixter Garden nell’East Sussex (UK), un giardino sempre in movimento, grazie al capo giardiniere Fergus Garrett e al suo team che, lasciandosi ispirare dai comportamenti delle piante, cambiano e migliorano il giardino della casa che fu del giardiniere e scrittore di giardinaggio Christopher Lloyd (1921-2006).
Il poeta e scrittore Tiziano Fratus, infine, ci suggerisce due alberi imperdibili nell’area milanese: il taxodium distichum (noto come cipresso calvo) ai Giardini Montanelli di Milano e il ficus millenario  domiciliato nel Museo dei Bonsai di Parabiago.

Viaggi immaginifici

Un viaggio nel tempo e nello spazio grazie a due storie e tre libri. La prima storia ce la racconta il Principe Diofebo VI, ultimo discendente dei Meli Lupi, ed è quella di Donna Cenerina, il fantasma con cui convive nella Rocca di Soragna nel parmense. La seconda è quella del fantasma del Cavalier Luigi Toro che cavalca con la testa mozzata nel Villaggio Asproni, una delle tante miniere sarde. Diavoli, giovani segregate, bambine scomparse, streghe, leggende che affondano le radici nell’antichità, mummie e personaggi fuori dall’ordinario: tutto questo e molto altro è quanto raccolto nell’ “Atlante dell’Italia esoterica. Storie, luoghi, misteri” (ed. Mondadori) di Isabella Premutico, creatrice della pagina Instagram cult @ilmerdoscopo. Il libro è una collezione di storie e misteri provenienti da tutte le regioni d’Italia, dai piccoli borghi fantasma ai grandi castelli pullulanti di spettri (e di turisti), accomunati da un passato oscuro ed enigmatico. Una insolita guida che ci invita a non soffermarci sull’apparenza delle cose, dandoci invece la possibilità di restare sorpresi davanti all’inesauribile bacino di storie che si annidano negli angoli più sperduti o imprevedibili della nostra penisola. Invece grazie all’insolita guida della storica e divulgatrice Jennifer Radulović (“Milano immaginifica. Guida difforme della città”. ed. Palindromo) prende forma una Milano che si discosta dalle rappresentazioni manualistiche e giornalistiche cristallizzate: a cambiare è il punto d’osservazione sulla città. Per conoscere e scoprire il capoluogo lombardo nella sua interezza occorre infatti abbandonare le rassicuranti e vibranti strade della city, spostarsi di qualche metro, imboccare un percorso secondario e perdersi nell’ombra. Solo così si schiuderà la metropoli immaginifica che custodisce decine di misteri e di segreti. In questo libro si procede per tappe, si viaggia nel tempo e nello spazio e si ricompongono storie e vicende all’apparenza assai diverse, ma compromesse sempre con due concetti presenti dall’alba al tramonto: la bellezza e la paura. Grazie al lavoro della Radulović si scoprono storie incredibili, come quella del servizio comunale di autopsie gratuite ad uso della cittadinanza realizzato grazie a Prospero Moisè Loria sul finire del XIX secolo. O si impara la la genesi delle case  “a igloo” di via Lepanto, nelle adiacenze del Villaggio dei giornalisti alla Maggiolina. Il libro contiene in allegato un’utilissima mappa immaginifica di Milano. Vittorio del Tufo, infine, con la sua “Parigi magica” (ed. Neri Pozza) ci conduce dal monte del martirio a Montmartre a Bicêtre, il vecchio castello in rovina dove ancora risuonano i lamenti dei condannati a morte; dalla Senna alle fredde celle di pietra dove le vittime del Terrore trascorsero le loro ultime notti; dalle corti dei miracoli alla Tour Eiffel, che Guy de Maupassant definì una piramide allampanata e stecchita di scale di ferro… e lo fa riannodando i fili di mille esistenze di una città-mondo aperta al fascino della modernità, al richiamo del futuro e, nello stesso tempo, sprofondata nel baratro del proprio tumultuoso passato…

Alba, non solo tartufi e vino

Che Alba sia la capitale del tartufo è risaputo. Per una conferma basta visitare, dal 7 ottobre al 3 dicembre, la Fiera del Tartufo . Ed è altrettanto risaputo che le sue colline producono un ottimo vino. Ce ne parlano il trifolaio Stefano Pio e il viticoltore Massimo Penna, della Cantina Casanova .

Ma la capitale di Langhe e Roero è anche molto di più. E’ una città che affonda le sue radici nel Neolitico, assai prima dell’arrivo dei liguri che le diedero l’epiteto di “città bianca”. Un nome che fu ripreso dai romani non solo per il significato primario di albus, ma anche per l’aspettativa che il termine suscitava nelle genti, una città “splendente, prodiga”. Lucente. Come sembra oggi nei cunicoli illuminati da faretti gialli durante un’escursione nel suo sottosuolo. Marco Mozzone dell’Associazione Ambiente & Cultura ci racconta come scoprire le radici sotterranee della città in compagnia di un archeologo professionista (prenotazioni su ambientecultura.it).

Un disegno nel cielo, un contorno d’acciaio attraversato dall’aria che delinea il corpo e il volto di una bambina. Lei è “Alba“, una scultura che da un anno campeggia in piazza Michele Ferrero (l’autore è l’albese Valerio Berruti). Una statua tutta al femminile, voluta per la città di Alba, che non si è fatta sfuggire l’occasione di dare spazio a un monumento che rappresenta una piccola donna, abbracciando un necessario cambio di tendenza che vede le opere pubbliche celebrare quasi esclusivamente personaggi maschili.

Oltre ad ospitare reperti archeologici e nuove installazioni artistiche, Alba ospita rimembranze imperdibili di quella lotta partigiana che ha liberato l’Italia dal nazifascismo. In occasione dell’80esimo anniversario dell’8 settembre 1943, le immagini partigiane di Alba tornano in mostra insieme a documenti inediti dell’Archivio di Teodoro Bubbio. “Il vento e la terra – 80 anni di Resistenza”, la mostra realizzata dal Centro Studi Beppe Fenoglio espone a Palazzo Banca d’Alba (sino al 5 novembre) fotografie originali provenienti da fondazioni ed archivi privati, frutto della raccolta di ricordi da parte dei partigiani e delle loro famiglie. Durante le aperture nel weekend saranno presenti soci dell’ANPI per approfondimenti.

Carlo Borgogno della Libreria Milton , una libreria dove “l”uscita è libera e l’entrata liberatoria”, ci consiglia tre libri legati alla sua città da leggere, prima o dopo aver visitato la sua città.

Borghi piemontesi, aquiloni e battelli

Una decina di borghi del Monferrato, da San Salvatore a Lu Cuccaro, da Balzola a Valenza… possono essere scoperti seguendo il programma del “PeM! Parole e Musica in Monferrato Festival“. Un festival diffuso che quest’anno omaggia la scrittrice monferrina Rosetta Loy, scomparsa nei mesi scorsi, che verrà ricordata anche in una serata a lei totalmente dedicata e con altre iniziative.

Savigliano è un autentico gioiello della pianura cuneese che merita di essere scoperto. Un ottimo pretesto per farlo è la mostra fotografica “Smelling the world – I profumi del mondo“: un’ottantina di immagini di Alessandro Gandolfi raccolte in 18 Paesi del mondo il cui effetto visivo è amplificato da suggestioni olfattive. Tra le fotografie ci saranno, infatti, touch point olfattivi, ideati per raccontare “l’essenza del progetto”, ovvero la natura intrinseca di un luogo attraverso la sua fragranza specifica: la sua essenza, appunto. Essenze da annusare o da sentire sotto le dita, assaporandone la texture e la consistenza per una presentazione unica e suggestiva, in cui i profumi rievocheranno le atmosfere raccontate nelle immagini. La mostra, aperta sino all’8 gennaio 2024, è allestita tra palazzo Taffini e l’adiacente seicentesco palazzo Muratori Cravetta, collegati tra loro dal suggestivo Giardino dei Sensi .  

One Sky One World – Un Cielo Un Mondo“, Festival degli Aquiloni per la Pace (6 – 8 ottobre) a Cervia: una mobilitazione creativa e un’azione collettiva spettacolare intorno al tema dell’aquilone, simbolo di libertà, pace, unione e sostenibilità per omaggiare in modo originale lo spirito della giornata mondiale del volo degli aquiloni per la pace, che si svolge contemporaneamente in tutto il mondo nella seconda domenica di ottobre .

Dal 2003, ogni due anni, 2 km di banchine di Orléans tornano ad essere il leggendario porto fluviale di un tempo e ospitano per 5 giorni di festeggiamenti, alla fine di settembre, il più grande raduno europeo della marina fluviale: il Festival della Loira. Dimostrazioni nautiche, trenini, regate, giostre, lanci di reti da pesca e gare di canottaggio vengono proposti durante ogni edizione per conoscere meglio il patrimonio della Loira, i mestieri e i saperi ad esso legati. Aperto a tutte le generazioni, il Festival organizza anche attività didattiche per i più piccoli, tra attività e laboratori alla scoperta della navigazione. Ce ne parla Marco Morosini.

Assalto alle Alpi

“Nel nostro prossimo futuro pende una minaccia sulle Alpi, se si continuerà ad attingere a vecchi stereotipi idealizzanti che riducono la montagna a luogo salvifico di pura “bellezza”, o a parco divertimenti per il turista in fuga dalle città. Come immaginare il loro futuro prossimo? Da qualche decennio a questa parte la montagna è in continua evoluzione. Con il boom economico, i giovani alpigiani avevano creduto in una vita migliore in pianura, in fabbrica. Scendere aveva significato ripudiare l’antica «società della fatica» andando incontro al posto garantito. Così sulle Alpi, con la progressiva assenza umana, ha trionfato un inesorabile processo di rinaturalizzazione. Intere vallate, interi villaggi sono stati abbandonati. Si registra il raddoppio di superficie boscata dal dopoguerra, sono ritornati i grandi carnivori e, in massa, gli animali selvatici. E oggi? Il pericolo reale è che tutto rimanga come adesso, che si continui a immaginare lo stesso sviluppo turistico con nuovi impianti di sci, dimentichi del riscaldamento climatico. Che si continui a cementificare, costruire impianti di risalita, progettare grandi opere inutili e grandi eventi consumatori di suolo”. Sono considerazioni di Marco Albino Ferrari, autore di “Assalto alle Alpi”, edizioni Einaudi . Considerazioni illustrate da storie come quella  della “Porta della Neve di  Viola St. Grée (CN), sulle Alpi Liguri. Negli Anni ’70 e ’80 era il cuore della stazione sciistica della valle Mongia (sede dei mondiali di sci alpino del 1981). La Porta della Neve era un grande condominio piazzato a pochi metri dagli impianti sciistici, ed al suo interno c’era di tutto, da un supermercato ad un cinema, da una piscina a una farmacia.  E tutto era collegato con un complesso sistema di scale mobili. C’erano concerti, feste, sono arrivate fin quassù le ragazze del Drive In, Den Harrow, Fiordaliso, Gegia per i bambini… Ci arrivò persino Ornella Muti. L’idea (e la realizzazione), a metà degli anni Sessanta, venne all’ingegnere Giacomo Augusto Fedriani, un giovane imprenditore, ex campione di sci, che dopo voli ripetuti sulle Alpi Liguri individuò, nella Val Mongia e sulle pendici del Bric Mindino, il luogo ideale per la realizzazione di una stazione sciistica sul modello di quelle sorte nel frattempo sul versante francese. Stazione sciistica e comprensorio alberghiero annesso, parcheggio auto e pullman per turisti e vacanzieri della neve tutto compreso, Genova, la Liguria e la sua autostrada a poche decine di chilometri. Gli anni erano del resto quel che erano; la montagna già esangue di oltre un decennio di immigrazione verso le città: “Considerando che il Comune di Viola trovasi tra territori montani classificati a zona depressa, che la popolazione locale, per i miseri redditi, in quest’ultimo decennio ha perso il 50% degli abitanti che hanno abbandonato il paese natio…” si legge in una deliberazione comunale del 1964 ritrovata da Ferrari. L’idea di una economia bianca, basata sul turismo invernale era, in quegli anni, una possibile ancora di salvezza per territori apparentemente votati all’abbandono, era soprattutto l’idea di un possibile arricchimento economico su modelli di un’economia urbana, allora considerati gli unici possibili. Oggi la Porta della Neve è un abominevole ecomostro…

Gressoney: dai walser al Samstag Mȁrt, passando per la regina Margherita

Il Castel Savoia a Gressoney-Saint-Jean, ultimato nel 1904, è una costruzione che sembra realizzata dagli architetti di Walt Disney. Soprannominato il “castello fatato” fu realizzato per volere della Regina Margherita di Savoia, che soggiornava a Gressoney ospite dei baroni Beck Peccoz già dal 1889. Margherita era un tipino che surclassa anche i chiacchierati reali di casa Windsor. Diede vita al cosiddetto “margheritismo”, un fenomeno di costume che alla fine del XIX secolo influenzò diversi ambiti della vita sociale, in primis la moda. Da sempre appassionata di abiti e gioielli, per cui spendeva cifre immense, la regina fu un’icona di stile, tanto che una delle prime riviste di moda del Paese si chiamerà in suo onore Margherita, il giornale delle signore italiane. Inoltre le venne intitolato un po’ di tutto, da nuove pietanze (come la pizza margherita) a rifugi alpini. Anche la sua storia sentimentale ha poco da invidiare ai reali inglesi. Quello con Umberto I, non fu un matrimonio d’amore. Donnaiolo impenitente, Umberto tradì spesso la moglie e rimase per tutta la vita innamorato della contessa Eugenia Bolognini Litta Visconti, rischiando di gettare un’ombra sull’immagine della famiglia reale. Margherita imparò tuttavia a tollerare le intemperanze del consorte, anche perchè pure lei aveva un flirt extraconiugale tollerato da Umberto: era innamorata del barone Luigi Beck Peccoz, con cui costruì un’intensa sintonia negli ultimi anni della permanenza sul trono. Prima ancora della regina e del barone, Gressoney e la valle del Lys era abitata dai walser, discendenti di popoli germanici che durante tutto il medioevo si erano sparsi per le Alpi Centrali  portando in dote usi, costumi, architetture e una propria lingua, il titsch . Furono i primi coloni a intraprendere in Europa l’avventura della civilizzazione dell’alta montagna. Ondate migratorie senza alcun fasto guerriero e senza alcuna gloria monumentale se non quella dei wohngade (stalle-abitazioni), dei fienili e dei forni per il pane. Il loro spirito comunitario è stato raccolto da giovani produttori della valle del Lys che hanno deciso di unirsi intorno al Samstag Mȁrt (“mercato del sabato” in titsch). Questo appuntamento non è solo un punto vendita di prodotti rigorosamente km0, è  un’occasione per raccogliere idee, propositi e progetti. C’è una storia dietro ogni sapore. Ce le raccontano Federico, del progetto Paysage a Manger e Alessia di NaturaLys . La biscottaia Wanda e il formaggiaio Simone.

Per brindare alla loro avventura niente di meglio che una grappa. Per scegliere la più adatta fidatevi di Mimmo, il bartender dell’hotel Lo Scoiattolo

San Lorenzo Dorsino: un borgo vivo, dove la Comunità è destinazione

Adagiato su una terrazza baciata dal sole, con in fronte le Dolomiti di Brenta, San Lorenzo Dorsino è molto più di un borgo, è un borgo diffuso. Nasce infatti dall’unione di sette piccole frazioni. Ogni villa conserva ancora oggi il proprio carattere distintivo, la propria festa patronale, la propria chiesetta, la propria piazza. Per scoprirne il fascino più autentico, bisogna visitarle senza fretta, perdendosi tra le stradine acciottolate e le architetture di un tempo. Così facendo si conosceranno le storie e le  capacità di artigiani e artisti che  hanno scelto di vivere valorizzando le loro passioni, la loro creatività e abilità manuali. Le storie più intriganti sono quelle di un gruppo di donne che si sono rimesse in gioco, diventando uno stimolo per altre donne per tirare fuori da casa quello che sanno fare con le loro mani. Non è ancora una associazione, anche se presto lo diventerà. “Amo il legno. Ho imparato a farlo fin da bambina grazie al papà falegname” ci racconta Claudia, un falegname 23enne che con le sue mani crea lampade, ciotole porta oggetti, collane, orecchini e braccialetti in legno “Ho studiato design dell’arredamento e il legno è la mia fonte di ispirazione. Dà forza alle mie mani per creare oggetti che uniscono un concept innovativo alla tradizione artigiana. Ogni oggetto è un pezzo unico e irripetibile”. “Fin da piccola i colori dipingono la mia vita” ci confessa Valentina. Trentenne, oggi fa la pittrice (suo è uno splendido affresco che impreziosisce una delle chiese locali) e crea calamite, coppi e orologi dipinti a mano con scorci del paese, ritratti e caricature. Ierta è una feltraia che crea pezzi unici, ognuno diverso dall’altro: “Prendo ago e filo, punzecchio con la lana una pallina per disegnare paesaggi, faccio nascere nanetti da un pezzo di legno, compongo vasetti di fiori dai mille colorati, faccio battere cuori imbottiti”. Anita coltiva, attraverso l’agricoltura biodinamica, erbe officinali e piccoli frutti che poi trasforma in infusi e prodotti cosmetici, che vende anche online. La sua azienda è certificata ARCA e costruita utilizzando solo materiale locale: larice, argilla e dolomia. Federica, la figlia di Anita, preparare cocktail con i prodotti che si coltivano in azienda ed è diventata la bartender del progetto Dolomiti Mixology. La sorella maggiore di queste donne è Agnese, la regina del Ristoro Dolomiti di Brenta , all’imbocco della Val d’Ambiez, che da oltre venticinque anni gestisce con il marito Beppino.

A San Lorenzo Dorsino, grazie a un crowdfunding aperto per portare avanti una filosofia di montagna accessibile, è ‘tornata in vita’ la Falesia Dimenticata: uno scudo di roccia al di sopra di un prato del borgo. Oggi le  vie da scalare sono una trentina e l’obiettivo è di raddoppiarle, una palestra naturale di roccia aperta anche a  persone con disabilità (info: www.dolomiti-open.org)

Puntata a pedali

Si parte dalla valle delle Terme di Comano, in Trentino. Qui il Kilometrozero Unesco Bike Tour propone escursioni in bici con tappe per degustare le eccellenze gastronomiche del territorio. Un bike tour quindi pensato per chi ama le due ruote, ma soprattutto la buona tavola. Il primo tour a bilancio calorie zero: a fine tour il bilancio calorie bruciate/assunte è infatti pari a zero. Ne parliamo con la guida Carlotta Riccadonna e con Marco dell’ Agritur Maso Pra’ Cavai , una delle tappe del tour.
La guida “Il Cammino di Santiago in bicicletta” e la “Santiago” del musicista Riccardo Tesi (il suo ultimo album, “La giusta distanza”, si apre con uno strumentale dedicato al capolinea del celeberrimo cammino)
La storia di Marshall “Major Taylor”: il primo campione del mondo afro-americano nel ciclismo. Nel 1898. Più forte della segregazione razziale, più forte del principio dei “separati, ma uguali”. Tuttavia, alla fine, anche lui sopraffatto dalla durezza dei tempi. Ne parliamo con Marco Ballestracci, autore “Black Boy Fly – L’irresistibile ascesa di Major Taylor” .
Pietro Franzese , un biker che ha scelto di viaggiare in giro per il mondo e percorrere 100.000 chilometri in sella ad una bicicletta degli anni 90, ci racconta il suo viaggio coast to coast negli States. 6000 km, da San Francisco a Key West, con 25.000 metri di dislivello, per sensibilizzarci sull’impatto ambientale dell’uso della plastica monouso
Gorlago, un borgo della bergamasca, è un crocevia di innumerevoli itinerari cicloturistici: ideale punto di partenza saltate per scoprire le Terre del Vescovado e i suoi dintorni, per percorrere ciclovie che si spingono sino ai Colli di Bergamo, la bassa Val Seriana e i colli della Valcalepio. Ma, volendo. si può anchei costeggiare il fiume Serio sino ad avvistare i castelli del celebre condottiero Bartolomeo Colleoni. Ne parliamo con Marco Ceccherini , coordinatore del progetto turistico Trame Nascoste a Gorlago.

Garda Dolomiti , Visit Trentino- Garda Trentino

Viaggio sull’acqua: laghi, fiumi e terme

Il nostro ‘viaggio sull’acqua’ inizia sul lago Saimaa, un lago situato nella parte sud-orientale della Finlandia composto da una serie di bacini lacustri collegati tra loro. Recentemente una rivista scientifica ha scritto che quando l’acqua dolce finirà, per i laghi della Carelia si batteranno le potenze mondiali. Qui abbiamo incontrato Saimi Hoyer, titolare dell’hotel Punkaharju. Ex fotomodella, capelli rossi fiammeggianti, energia incontenibile, in un momento difficile della vita si è chiesta dove stava la bellezza e la risposta l’ha portata qui. Mostrandoci la fotografia di un hygrophorus camarophyllus, il suo fungo preferito, ci confessa che “adoro il suo profumo muschiato. E amo ancor di più questo lago, e non poteva che essere così dato che il mio nome, Saimi, deriva dal suo, Saimaa”. Il viaggio continua sulle acque di un altro lago, a Torbole, sul lago di Garda. Situata in una posizione unica in mezzo alle montagne dove il vento si incanala acquistando intensità grazie all’effetto venturi, Torbole gode di un vento costante incredibilmente affidabile che ha favorito la pratica del windsurd. Ce ne parla Vasco Renna, uno dei primi a praticarlo su queste acque e oggi titolare di una prestigiosa scuola di windsurf . Rimanendo in Trentino, il viaggio prosegue nelle acque delle Terme di Comano, ai piedi delle Dolomiti di Brenta. Acque termale che sono un “farmaco” naturale privo di controindicazioni ed effetti collaterali, ideali per risolvere svariate problematiche dermatologiche. Le Terme sono immerse in un parco di 14 ettari: un immenso giardino dove camminare scalzi sull’erba, ascoltare in silenzio il rumore di un ruscello, immergersi anima e corpo nel confortevole fruscio degli alberi…Tra le proposte c’è anche un Percorso Sensoriale composto da un sentiero da percorrere a piedi nudi lungo diverse stazioni sensoriali composte da materiali diversi come pigne, corteccia, foglie, tronchi e acqua. Un’esperienza utile per stimolare tatto, udito, vista e olfatto, e generare un rinnovato equilibrio. I cinque sensi sono stimolati anche al Radicepura Garden Festival di Giarre (CT), giunto alla sua quarta edizione. Per sei mesi (06 maggio – 03 dicembre) la Biennale del paesaggio mediterraneo sarà il palcoscenico privilegiato per quanti sono interessati al tema dei giardini quale osservatorio sulla natura e sulle sfide ecologiche e culturali del nostro tempo. Un ricco palinsesto di eventi, ospiti, laboratori dedicati a tutte le età per immergersi nel mondo delle piante. Il viaggio termina nelle acque del fiume Po, dove dal 27 maggio è in corso la Vogaposse , una regata a impatto zero alla riscoperta del Grande Fiume Po.