Due otttime mete per praticare il Turismo responsabile sostenibile sono il nord del Senegal e la Marmilla, una subregione della Sardegna posta nella parte centro-meridionale della regione. Il turismo responsabile sostenibile ha tre dimensioni: il turista lascia qualcosa al territorio – coinvolgimento delle realtà presenti nel territorio tutela ambientale e fruizione attraverso metodi educativi.
Saint-Louis, la “Venezia d’Africa”, la vecchia capitale del Senegal che ha saputo conservare l’antico splendore coloniale nonostante la povertà, dista poco più di un’ora di macchina dal Parco di Djoudj, uno dei principali santuari dell’Africa Occidentale per gli uccelli migratori. L’area rappresenta la prima zona di rifornimento d’acqua, dopo un percorso di oltre 200 km sopra il deserto del Sahara, per intere colonie di volatili. Migliaia di fenicotteri rosa qui nidificano regolarmente, così come oltre 5.000 pellicani bianchi, anitre fischiatrici dalla faccia bianca, oche dallo sperone, aironi rossi, nitticore, spatole, cormorani e otarde arabe. In totale quasi 360 specie di uccelli, di cui 58 nidificanti. A cui bisogna aggiungere 92 specie ittiche, e poi coccodrilli, varani, scimmie, facoceri, gazzelle e sciacalli. Gli abitanti che abitano nelle loro adiacenze fornisconoguardie ecologiche che organizzano escursioni nel parco e, grazie al comitato, coordina una serie di strutture legate al funzionamento delle aree protette. I profitti generati dalla gestione turistica (il noleggio delle piroghe, il negozio artigianale posto all’ingresso del Parco, il campement) vengono poi reinvestiti per lo sviluppo della comunità e per il ripristino di aree danneggiate.
A sud di Saint-Louis c’è il Parco Nazionale della Langue de Barbarie, una stretta lingua di terra che corre per 60 km, separando il fiume Senegal dall’oceano Atlantico. I 2000 ettari del Parco danno rifugio a numerose specie di uccelli acquatici come sterne, gabbiani, aironi e garzette. Purtroppo qui l’impatto dei cambiamenti climatici è evidente: ogni anno l’oceano erode cinque metri di costa, 300 famiglie hanno già dovuto lasciare le proprie case. Su questa barriera naturale vivono oggi circa 80mila persone, per lo più di etnia Lebou. Pescatori da secoli, si tramandano le conoscenze acquisite di generazione in generazione: l’oceano è per loro la principale fonte di sostentamento, ma oggi si trovano ad affrontare condizioni sempre più avverse, al limite della sopravvivenza. L’innalzamento delle temperature delle acque e la pesca intensiva praticata dai pescherecci stranieri stanno riducendo disponibilità di risorse ittiche.
La Marmilla è quasi un micro-continente dove si parla una lingua antichissima, popolato di gente asciutta, intensa e arcaica come i suoi monumenti più noti: i nuraghe. Vanta una tradizione agricola secolare: sempre fiorente e gloriosa, tanto che l’Antica Roma considerava la Sardegna uno dei suoi principali granai. Furono proprio i romani a battezzarla optando per un nome scelto per assonanza: le colline coniche che costellano la campagna sembrano infatti delle “mammelle”. E’ nei paesini della Marmilla che si celebra il Festival Pedras et Sonus-Tenore. Nato nel 2022, è dedicato specificatamente al canto a Tenore, canto tradizionale sardo patrimonio immateriale dell’Unesco