VALLE di SCALVE

“La «crisi idrica globale» è un argomento di grande successo, in questo avvio di terzo millennio. Ma la risposta al problema resta inadeguata: anziché alla comprensione della crisi, si lavora alla sua spettacolarizzazione. Le star di Hollywood ci invitano a elargire generose donazioni, come singoli consumatori. Le multinazionali dell’acqua in bottiglia e della birra portano avanti campagne pubblicitarie basate sulle loro politiche di sostenibilità. Le associazioni benefiche si rendono intanto conto di avere bisogno di «soldi veri», cioè di ottenere degli utili da ciò che fanno…”. (da “Sete” di Filippo Menga, ed. Ponte alle Grazie).

E’ leggendo questo libro che ho deciso di fare una nuova puntata di Onde Road dedicata all’acqua. E per farla ho pensato a un viaggio nella Valle di Scalve : una valle, a confine tra la bergamasca e il bresciano, dove l’acqua da sempre ha pesantemente segnato la vita di chi l’abitava e la abita.  Lo certifica un altare vecchio di secoli (il dibattito sulle origine celtiche o romaniche è ancora aperto) in prossimità del torrente Vò, nelle cui adiacenze è stata rinvenuta una coppella, solitamente utilizzata per riti legati all’acqua. All’altezza di Ronco, dove il Vò si immette nel Dezzo (un fiume di soli 36 chilometri a cui si deve però l’esistenza della Valle di Scalve) c’è una vecchia sorgente dove l’acqua sembra sgorgare da un accesso che parrebbe portare all’ingresso di una miniera. Maurilio Grassi, guida escursionistica-ambientale e neo direttore del Museo Etnografico di Schilpario, racconta la storia della diga del Gleno. Ideata per sfruttare appieno l’energia prodotta dall’acqua, fu finanziata dalla famiglia Viganò, proprietaria di importanti cotonifici lombardi. Per ottenere il massimo dalla forza gravitazionale dell’acqua nella valle del Gleno, fu realizzata una diga ad archi multipli, all’epoca considerata una delle più moderne innovazioni ingegneristiche. Il bacino, posto ad un’altitudine di 1.500 metri, alimentava una prima centrale 400 metri più a valle e questa a sua volta consentiva il funzionamento di una seconda centrale. Nei mesi precedenti al crollo vennero ripetutamente segnalate perdite d’acqua alla base e nella muratura in calce dello sbarramento.  Alle ore 7.15 del 1° dicembre 1923, la Diga del Gleno crollò: sei milioni di metri cubi di acqua invasero la valle sottostante, colpendo per primo l’abitato di Bueggio, che venne totalmente distrutto, per poi proseguire e distruggere buona parte del paese di Dezzo. L’acqua raggiunse in seguito Angolo Terme e Darfo, in Valle Camonica, per finire la sua corsa nel Lago di Iseo. I morti di questo disastro non vennero mai contabilizzati con precisione, ma si stima che ci furono tra le 350 e le 600 vittime.
Un mini-trekking alla portata di tutti porta ad uno dei punti più affascinanti della Valle di Scalve: la Via Mala. Costeggiando dall’alto le acque del Dezzo, univa la Val d’Angolo, tributaria della bresciana Valcamonica, con la Val di Scalve, territorio delle Alpi Orobie Orientali. Una valle remota, da sempre contesa: dal punto di vista territoriale è bergamasca, mentre la gestione delle acque è della provincia di Brescia. Dall’alto si domina un paesaggio selvaggio, dove il tempo sembra essersi fermato. Scendendo dalle ripide pareti su cui poggia la vecchia via Mala ci si cala in un paradiso per pescatori. Ne parliamo con Gianluca Bonomi, guida di pesca, che ci introduce nel complesso mondo della pesca ‘no kill’ con la mosca. Adelino Ziliani, invece, ci racconta la storia , e le proprietà terapeutiche, delle acque di Boario Terme , storico centro termale frequentato, ai tempi, anche da Alessandro Manzoni…

Per approfondimenti consigliamo i seguenti volumi curati da Maurilio Grassi:
.- Calchere. L’industria povera della Valle di Scalve
.- Messaggi dalle rocce . L’arte rupestre della Valle di Scalve
.- I frerini della Valle di Scalve. Note sull’attività estrattiva locale preindustriale

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