Cuba continua a cercare di sopravvivere nonostante una crisi da cui non riesce a risollevarsi.
Come ricorda Alfredo Somoza, la colpa è del blocco economico che la colpisce da decenni, ma responsabilità vanno ascritte a un governo che sembra incapace di apportare quei cambiamenti ad un sistema politico – economico che necessita di qualche ripensamento. Il risultato è un costante aumento del prezzo della benzina, la difficoltà nel reperimento i generi alimentari di prima necessità – dal pane fino al latte per neonati – e la fuga dal Paese di migliaia di persone.
Anna Gomarasca e il fotografo Gianluca Colonnese ci portano a Ciego de Ávila, una cittadina nel cuore dell’isola dove, senza disboscamenti e deforestazioni, si produce il carbone vegetale. Una realtà che garantisce la vita a circa 3000 persone, più l’indotto. Dieci, cento, mille Ciego de Ávila darebbero una grossa spinta a Cuba per uscire dalla crisi…
Un default che si spiega anche con la decennale crisi dell’industria saccarifera, su cui ancora oggi pende il retaggio dello schiavismo. Ce lo ricordano le vicende di Esteban Montejo, un cimarrón (gli schiavi che fuggivano dalle piantagioni di canna da zucchero per rifugiarsi sui monti), nato e vissuto a Cuba fino a oltre cent’anni. La sua storia è raccontata in “Cimarròn. Biografia di uno schiavo fuggiasco” di Miguel Barnet, recentemente pubblicato in Italia per i tipi di Quodlibet. Barnet scrive: «Mi accorsi, già durante le prime interviste, che Esteban Montejo era una vita importante, anonima, quella della storia di Cuba, e che bisognava riscattarla». Edito originariamente nel 1966, e divenuto famoso in Italia grazie a Italo Calvino, è la fotografia di un rapporto di empatia e di rispetto reciproco, che è durato dal 1963 fin dopo la morte di Esteban e che ha rappresentato la fortuna di Barnet, ma anche la presa di coscienza da parte del cimarròn «del fatto che era un uomo con una vita importante», nonostante non sapesse quando, dove e da chi fosse nato.
Nonostante tutto Cuba continua ad essere un posto magico. A partire dai suoi colori. “Il colore a Cuba è tutto, sia quando c’è, che quando non c’è. Anche davanti a facciate di edifici scrostati, capisci che il colore brilla per la sua assenza, corrosa dagli anni”. Sono parole della fotografa Carolina Sandretto, autrice di “Cuba. Vivir con” (Silvana Editrice). Un libro offre un’affascinante esplorazione del mondo dei “solares”, gli alloggi popolari trasformati in spazi abitativi multifamiliari dal governo locale dopo la Rivoluzione Cubana del 1959. Un lavoro dove Carolina si concentra sulla figura umana e sul suo rapporto con lo spazio abitativo, inteso sia come luogo sia privato che pubblico. Più che un libro fotografico, un album di famiglia che rispecchia la complessità della società cubana contemporanea.