Mele e ghiaccio Trentino

 

 

La Val di Non è la valle delle mele, molte delle quali coltivate da agricoltori che fanno riferimento al consorzio Melinda (melinda.it). E’ un’azienda con più di 1100 dipendenti che recentemente ha ha iniziato a immagazzinare le mele in celle ipogee. L’idea dello stoccaggio delle mele in una ex miniera nasce dall’idea di una azienda leader nella produzione di materiali per l’edilizia e per il restauro come Tassullo (tassullo.it) di sviluppare nel corso del 2014, le proprie cave ipogee, consentendo così a Melinda di realizzare il primo magazzino al mondo sotterraneo in atmosfera controllata. Sono state le peculiarità di questa parte del Trentino a favorire la nascita di questo futuristico magazzino: un sistema geologico, quello di Tuenetto di Taio in Val di Non, dalle caratteristiche uniche al mondo, ricco di opportunità nascoste nel sottosuolo. Gli aspetti ambientali e paesaggistici del nuovo magazzino sono numerosi, a partire dai benefici al processo di frigoconservazione con l’eliminazione degli isolanti artificiali e dall’azzeramento dei consumi di acqua a scopo industriale di cui gli impianti frigo tradizionali necessitano. Un colpo importante anche alla occupazione di suolo, nel pieno rispetto del territorio e del paesaggio, evitando la costruzione di nuovi volumi su oltre 10.000 metri quadrati di superficie, rimanendo al servizio dell’agricoltura e della comunità locale. Inoltre le celle ipogee garantiscono un consumo di energia di circa il 60-80% in meno rispetto ad un impianto tradizionale di conservazione delle mele. Ovviamente le mele della Val di Non non sono targate solo Melinda, e noi per fare il punto sui piccoli agricoltori indipendenti, abbiamo sentito Caterina Bonetti, titolare dell’Azienda Agricola Biomela (biomela.eu) di Sporminore, nella bassa valle.

Percorrendo tutta la Val di Sole, per poi raggiungere a 2600 mt d’altezza i piedi del ghiacciaio Presena, si incontra la sala da concerto più alta d’Europa. E’ il teatro-igloo dove si svolge l’Ice Music Festival (valdisole.net/it/Ice-Music): una rassegna musicale dove, come strumenti, vengono utilizzati solo quelli costruiti con il ghiaccio dall’americano Tim Linhart, uno scultore-liutaio che in Lapponia ha perfezionato l’arte di far suonare proprio il ghiaccio…

www.visitvaldinon.it www.valdisole.net www.visittrentino.info

4810: il Monte Bianco

– L’icona delle Alpi non è il Monte Bianco, ma il Cervino. Se chiediamo a un cinese o a un russo di dirci il nome di una montagna delle Alpi citerebbero il Cervino. Ma il Bianco, oltre all’altezza, ha qualcosa in più del Matterhorn. Di cosa si tratta ce ne parla Paolo Paci nel libro “4810 il Monte Bianco, le sue storie, i suoi segreti” (Corbaccio Editore) in cui racconta le storie degli uomini che hanno ‘vissuto’ questa montagna. A partire dal signor Prospero, sua moglie Serafina e sua figlia Giuditta. Una famiglia la cui storia è legata al vecchio Pavillon, il più antico rifugio custodito delle Alpi… Alexander Burgener e Patrick Gabarrou, due guide divise, anagraficamente, da più di 100 anni ma unite proprio per le loro imprese sul Mont Maudit, famso tra gli alpinisti per i suoi tre possenti pilastri addossati l’uno all’altro… Edward Whymper, un alpinista inglese che si divertiva a sbeffeggiare i colleghi francesi… Achille Ratti (poi divenuto Pio XI) alle prese, seppur in discesa, con il Miage, un’autostrada pietrosa per coloro che amano fare molta fatica. Storie che ci fanno capire che non è vero che il Monte Bianco sia la montagna più conosciuta di tutto l’arco alpino, più più la si frequenta e più si scopre che è piena di angoli nascosti.

Lo scittore Marco Albino Ferrari si sofferma inoltre su Courmayeur, su cos’era negli anni ’50 e cosa è oggi che è diventato un paese che grazie alle entrate nette dell’Imu delle seconde case (circa otto milioni di euro) è il comune sopra i mille abitanti più ricco d’Italia..

La Cuba che resiste

La casa di Marisol in calle Neptuno, una delle case particular all’Avana dove dormono i viaggiatori di Radio Popolare, è in cima a una ripida scala, protetta da un cancello. Ha più di 100 anni: è del 1911. Osservandola si ha la conferma della smodata passione dei cubani per le sedie a dondolo. Ogni stanza della casa di Marisol ne ha un paio. Di alluminio, di vimini, in legno… non importa il materiale: purché dondolino. La colazione di Marisol è stellata: latte, caffè, burro salato, biscotti, frutta tropicale, pane, gelatina di guaiaba, marmellate fatte in casa, crema di arachidi, succo di frutta… E per finire una piccola omelette. Per mantenere in ordine la sua casa Marisol deve combattere contro i mille problemi della quotidianità di Cuba. Gli interruttori della luce, per esempio, sono uno diverso dall’altro. Non solo come forma, ma anche come concezione. E le finestre nascondono un segreto: quello di come possano essere chiuse pur essendo fuori asse. E’ con economie come quella di Marisol che segmenti della popolazione cubana riescono ad uscire dal ‘minimo di sussistenza’ che garantisce loro lo stato socialista cubano. Quanto potranno resistere ancora le ‘Marisol di Cuba’ ai problemi creati loro dal blocco economico americano da una parte e dai ritardi e dagli errori strategici del governo cubano dall’altra? Di questo, ma anche della nuova costituzione e dello scenario politico internazionale, ne parliamo con il prof. Antonio Moscato, collaboratore di Limes e, per decenni, docente di Storia del Movimento operaio e Storia contemporanea presso l’Università di Lecce (per alcuni anni anche di Storia e istituzioni dei paesi afroasiatici). Con David, mitico accompagnatore dei nostri viaggi, e con Casimiro, un agricoltore che ha trasformato l’azienda di famiglia nella fattoria più sostenibile di Cuba, utilizzando tecniche agroecologiche in grado di resistere meglio all’impatto del cambiamento climatico e garantire la sicurezza alimentare della popolazione senza pesare sull’ambiente.

L’Albania di Stefano Boeri

 

Un territorio grande come la Sicilia in cui convivono un codice sanguinario come il Kanun (il dovere di vendicare l’offesa subita dalla famiglia) con rave party di musiche techno che ogni estate animano i campeggi selvaggi di Vuno. Una terra dove vige ancora la cultura dell’avash, avash (piano, piano): un caffè dev’essere bevuto seduto a tavola, anche in mezz’ora. Un paese che ha un sorprendente animo punk, un gusto per l’eccentrico e un carattere dissacrante. La capitale, Tirana, cresce a un ritmo di 50 persone al giorno, 20 mila l’anno (molti arrivano dalle campagne, altri sono emigrati di ritorno). In città sono aperti un centinaio di cantieri e sconta gravi problemi nelle periferie. Mancano fognature e marciapiedi, l’abusivismo edilizio è diffuso a tal punto che è difficile stabilire il numero degli abitanti della città. E’ però una città viva, che negli ultimi anni è cambiata profondamente. E’ una ragazza di vent’anni che per imitare le sorelle maggiori – le capitali europee – esagera col trucco, solo per farsi guardare. Se negli anni ’20 del secolo scorso, durante l’occupazione italiana da parte di Mussolini, Tirana era stata ‘investita’ dai lavori dell’architetto Armando Brasini, un secolo dopo è Stefano Boeri, un altro architetto italiano (questa volta in accordo con le legittime autorità locali) a rivedere la struttura della capitale. Spiegandoci le basi con cui si è approcciato a questo impegno l’architetto Boeri ci ha dichiarato che “la strategia principale propone un necessario e non più prorogabile contenimento del consumo di suolo, la discontinuità nel tessuto urbano, la frammentazione dell’edificato, eventualmente lo sfruttamento di una certa verticalità per liberare terreno ulteriore. Tirana è una città con altezze medie non elevate, ma una densità tra le maggiori d’Europa, come se fosse stata compressa sacrificando tutti gli spazi aperti”. L’architetto milanese ci ha raccontato dei lavori che ha già realizzato, di quelli che sta progettando, ma anche delle impressioni e delle emozioni vissute da quando ha iniziato a frequentare la Terra delle Aquile.

 

 

www.visitalbania.al   www.mrizizanave.al   www.stefanoboeriarchitetti.net

Pedalando a Utrecht

 

Il fatto che appena sbarcato dal treno a Utrecht una delle prime cose che balzano agli occhi sia una grande moschea non è casuale. Utrecht è una città meticcia: dei suoi 350mila abitanti il 20% è di origine straniera. E’ anche una città giovane, perché un altro 20% è composto da studenti che frequentano le università cittadine. Città giovane e meticcia, ma carica di storia. Per capirlo basta imbarcarsi su uno dei battelli che solcano i canali cittadini, oppure cavalcando una bicicletta. In città, su 345mila abitanti, sono più di 125mila le persone che l’attraversano su due ruote sfruttando i 300 km di piste ciclabili urbane. La CNN l’ha definita la migliore città al mondo per chi ama spostarsi sfrecciando in bici: in alcune strade le piste ciclabili sono addirittura più grandi di quelle per lo scorrimento delle macchine. Utrecht vanta persino un servizio di “onda verde” per i ciclisti e vanta il più grande parcheggio coperto di bici al mondo. Si trova sotto la stazione centrale. E’ stato inaugurato (dopo quattro anni di lavori) l’agosto dello scorso anno e attualmente può ospitar più di 12.500 biciclette ma entro il 2020 nei pressi della stazione centrale troveranno spazio più di 33.000 bici. Pedalando si incrociano numerosi palazzi storici che, in una città promiscua come Utrecht, hanno usi non convenzionali. Per esempio il Cafè Olivier (cafe-olivier.be) è ospitato in una antica chiesa ormai sconsacrata, ma ancora perfettamente conservata nel suo aspetto originario: ottime birre belghe da degustare tra gli stalli del coro e un organo a canne. Mentre la Janskerk (janskerk-utrecht.nl), la chiesa di San Giovanni, famosa perchè a pochi metri dal suo ingresso ospita una statua che ricorda Anna Frank, ospita concerti, ma anche degustazione di vini. Se passeggiando, dopo aver bevuto un paio di bicchieri, incrociate un tagliapietra che aggiunge un sanpietrino con una lettera incisa convinto che sta componendo quella che un giorno sarà la poesia più lunga del mondo, tranquillizzatevi: lui non è pazzo e voi non siete ubriachi. E’ una creazione collettiva ideata dall’associazione Sichting letters van Utrecht (delettersvanutrecht.nl): l’idea alla base è quella di un filo rosso che unisca le generazioni attraverso una poesia le cui lettere sono incise su sampietrini. Tutti possono partecipare, acquistando una lettera della misteriosa composizione i cui versi vengono continuamente rinnovati dai poeti della città. Nessuno vedrà mai completata l’opera, ma quel che conta è che il legame fra passato e presente sarà inossidabile come la pietra… Pura poesia è anche la casa che Gerrit Rietveld e Truus Schröder (rietveldschroderhuis.nl/en) costruirono ai margini della città nel 1924. Lui era un designer che con i legnetti trovati nei giardini e nei boschi circostanti alla sua abitazione costruiva sin da bambino giocattoli o piccoli mobili. Lei era una ragazza ribelle, prima giovane e benestante moglie di un avvocato piuttosto conservatore, e poi dal 1923 inquieta vedeva con tre figli, desiderosa di cavalcare i venti della diversità. Insieme hanno realizzato una casa che stupisce anche oggi…

 

visit-utrecht.com

holland.com

Frêney 1961:

 

1961. L’anno in cui Mina porta al successo “Le mille bolle blu”. John Kennedy diventa il 35° presidente degli Usa e Yuri Gagarin il primo uomo a volare nello spazio. A luglio sette tra i più forti alpinisti di quei tempi sono impegnati sul Pilone Centrale del Frêney al Monte Bianco, l’ultimo grande “problema” delle Alpi. Da giorni, gli italiani guidati da Walter Bonatti e i francesi da Pierre Mazeaud si trovano in alto sulla parete. Lampi, vento, neve, temperature a venti sottozero bloccano la salita. Sembra che resistere nella speranza dell’arrivo del sereno sia l’unica soluzione. Ma la tempesta non si placa. E quando Bonatti decide di tentare una discesa disperata, è ormai troppo tardi. Un dramma nazionale, da copertina, che ha lasciato sgomenta l’Italia di allora, quella del boom economico. Marco Albino Ferrari, autore di “Frêney 1961. La tempesta del Monte Bianco” (un libro uscito per la prima volta nel 1996 e ora, raggiunto lo status di classico della letteratura di montagna, ripubblicato da Ponte alle Grazie), ci racconta di quel dramma, dell’intensità con cui quell’Italia visse quei giorni e di come ha raccolto le preziose testimonianze di Walter Bonatti e di Pierre Mazeaud. In una intervista raccolta qualche anno fa, Rossana Podestà, la storica compagna di Walter, ci racconta del legame ‘intimo’ che lo univa al Monte Bianco

 

Mecenati 2.0 ad Alba, terra di vini e tartufi

Il Gruppo Ceretto (ceretto.com) è un’azienda familiare radicata in Piemonte che da tre quarti di secolo unisce alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano la promozione del mecenatismo. L’omonima azienda vitivinicola, fondata nel 1937, con un’estensione di più di 160 ettari situati nelle aree più pregiate delle Langhe e del Roero, comprese le DOCG Barolo e Barbaresco, è tra i maggiori proprietari di vigneti del Piemonte. Alla fine degli anni ’80 la famiglia Ceretto scelse un antico casolare alla porte di Alba, terra di vini e tartufi, come quartier generale. Questa tenuta, chiamata Monsordo Bernardina (la storia ci ricorda che è legata alla storia d’amore 
fra Vittorio Emanuele II e la Bella Rosina), nel giro di pochi anni è diventa il centro nevralgico di un’azienda che oltre alle vigne possiede un noccioleto e un paio di ristoranti ad Alba: la Piola (lapiola-alba.it) e il Piazza Duomo (piazzaduomoalba.it). Quest’ultimo, gestito dallo chef Enrico Crippa, si avvale dei prodotti dell’orto e della serra curati da Enrico Costanza, un culinary gardener che accudisce con cura erbe e piante ‘immaginifiche’ come la pianta ostrica, la pianta Coca Cola e la pianta formaggio. La famiglia Ceretto, da sempre appassionata di arte contemporanea, dal 1999 mette a disposizione le sue proprietà come spazi ideali per le opere e le performance artistiche di artisti nazionali e internazionali. Fu in quell’anno che gli artisti Sol Lewitt e David Tremlett decisero di trasformare la cappella della Madonna delle Grazie in un’opera contemporanea, con moduli geometrici dai colori accesi all’esterno e sfumature più morbide all’interno. Dalla Cappella del Barolo in poi ogni anno i Ceretto hanno finanziato eventi culturali che per il 2018 prevede la mostra Lynn Davis & Patti Smith. Conspiracy of Word and Image”al Coro della Maddalena di Alba. Unite in passato dalla comune vicinanza a Robert Mapplethorpe, le due artiste per 30 anni hanno spesso fantasticato sull’idea di poter fare qualcosa insieme, magari un libro. Idea che si è concretizzata, grazie ai Ceretto, con questa mostra che mette insieme le immagini della fotografa e le parole della musicista.

Lanzarote: una casa fatta di libri e un’isoletta ‘Graciosa’

“Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l’agitarsi furioso dell’aria, e poi capire che non si può fare nient’altro, l’erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità. Che altro resta, allora, se non piangere?”. (Josè Saramago, Quaderni di Lanzarote, Einaudi). Il Premio Nobel Saramago nel febbraio 1993 decise di dividere la sua vita fra la residenza abituale di Lisbona e l’isola di Lanzarote. La sua casa delle Canarie si trova a Tías, una piccola località nei pressi di Arrecife, ed è visitabile, per la gioia degli affezionati lettori. Una casa fatta di libri” così definiva Saramago la dimora di Lanzarote e per il visitatore odierno è sicuramente una grande emozione muoversi fra gli oggetti, i quadri, le fotografie e i tanti libri dello scrittore.

E scoprire che nella casa di Saramago (acasajosesaramago.com) tutti gli orologi, su sua esplicita volontà, sono bloccati sulle 16 passate da qualche minuto: l’ora in cui conobbe la giornalista spagnola Pilar del Río, che poi divenne la sua compagna. Casa Saramago è una delle eccellenze di Lanzarote, un’isola che seguendo i dettami di Cesar Manrique (raccontati nella puntata del 30 aprile 2017 blogs.radiopopolare.it/onderoad/?p=2456) è riuscita a salvarsi dai danni del turismo di massa salvaguardando una natura straordinaria e puntando sulla cultura e la qualità. Come il Museo Agrìcola El Patìo di Tiagua, un complesso rurale vecchio di due secoli che trasformatosi in museo conserva il passato per stabilire il futuro. O l’Hotel Nautilus (nautilus-lanzarote.com) di Matagorda, una struttura alberghiera che investendo sull’arte è diventata un interessante museo d’arte contemporanea. E se un paradiso naturalistico come la piccola isola La Graciosa, divisa da un piccolo braccio di mare da Lanzarote, continuerà ad essere un enclave senza asfalto, abitata solo da vulcani, lunghe spiagge lambite da acque turchesi, biciclette e barche di pescatori…

 

 

turismolanzarote.com/it/

Una Napoli altra…

 

Quattro fotografie di una Napoli altra. La prima è quella di un giardino nello storico quartiere Materdei. Non è un giardino come gli altri, ma è un giardino “liberato”, ovvero “occupato” solo dalle attività sociali, culturali e artistiche che gruppi di cittadini spontaneamente realizzano da circa sei anni a questa parte. Il giardino è solo una piccolissima parte dell’immenso spazio che, in Salita S. Raffaele numero 3, un tempo era occupato dal convento delle Teresiane e che recentemente è stato restituito alla collettività semplicemente grazie alla tenacia dei cittadini che si sono mobilitati per farne un bene comune. La seconda fotografia è quella di un maestro di strada napoletano: un soggetto sociale che frequenta luoghi aperti, senza reti di protezione, senza divise che lo proteggono, dove il sapere e la competenza si incontrano e confrontano con le necessità della vita e con la convivenza civile. Un maestro pronto ad essere sempre esaminato e messo alla prova da una realtà che anche lui ha contribuito a creare, quella di una persona autonoma che possiede saldamente la propria vita e che lavora perché una relazione così intensa e coinvolgente come quella educativa, abbia un termine e che il suo successo si misuri soprattutto dal modo e dal tempo in cui si conclude. La terza è quella dell’Afro Napoli United, più che una squadra di calcio un modo per combattere il razzismo e il mal di pancismo imperante.

Infine un piccolo tre stelle nel cuore della capitale partenopea, intitolato a una delle canzoni più celebri del repertorio napoletano: Luna Rossa (hotellunarossa.it), tradotta in mezzo mondo e interpretata magistralmente anche da Caetano Veloso. La padrona di casa è Dora Viscione, figlia di Antonio, autore del bran, che ha radunato nell’albergo splendidi cimeli legati alla luna di cui sopra.

 

 

maestridistrada.it

afronapoli.it

facebook.com/giardinoliberato.dimaterdei

Geografie partigiane dell’Alto Lario

 

“Sotto l’ombra di un bel fiore” (2018, Milieu) è un romanzo, basato su memorie dirette, di Cecco Bellosi che ha per protagonisti Pedro e Paolo che ripercorrono a distanza di anni le loro esperienze, di partigiano e di esule, e assistono in presa diretta al progressivo smantellamento dei loro sogni di cambiamento. Costruiti da Bellosi ricalcando le caratteristiche di alcuni dei protagonisti della Resistenza che ha conosciuto nel corso della sua vita, Pedro e Paolo rivivono gli avvenimenti che hanno segnato un intero territorio, quello del Lago di Como, teatro di uno degli episodi cardine della storia italiana del Novecento: la cattura e l’uccisione di Mussolini. In compagnia di Cecco abbiamo utilizzato il suo romanzo come fosse una guida di viaggio e abbiamo ripercorso le geografie della lotta partigiana dell’Alto Lario cercando protagonisti e voci della Resistenza. A Lenno l’astrofisico Corrado Lamberti, custode della bandiera originale della 52esima Brigata Garibaldi, ci racconta della battaglia che il 3 ottobre 1944 si consumò a poche decine di metri da casa sua, quando un manipolo di partigiani cercò di rapire il ministro degli Interni della R.S.I. Guido Buffarini Guidi, a quel tempo residente a Lenno. A Dongo incontriamo Wilma Conti che ci racconta di quando, quattordicenne, faceva la staffetta partigiana. Franco, per anni gestore del rifugio Brioschi sulla Grigna, ci spiega il ruolo di Riccardo Cassin, il “padre” dei Ragni di Lecco, con la lotta partigiana dell’Alto Lario. Ascoltiamo le voci dei partigiani custodite in un museo che Dongo ha dedicato alla resistenza (ma che un pazzo ha voluto chiamare “Museo della fine della guerra” www.museofineguerradongo.it). Infine a Bonzanigo di Mezzegra, davanti a Casa de Maria (un odierno B&B dove Mussolini passò le ultime ore prima di essere giustiziato), Cecco ci racconta il ruolo del partigiano Neri in quelle ore che hanno fatto la storia…

N.B. La colonna sonora della puntata è ricavata da “Songs of Resistence: 1942 – 2018”, undici canzoni tra passato e presente con vista sul futuro prossimo venturo, recentemente incise da Marc Ribot (la versione di “Bella Ciao” è cantata da Tom Waits)

 

Preservare e riattivare i borghi italiani

 

Una puntata figlia di un convegno organizzato da Fondazione Cariplo dal titolo “Borghi. Un patrimonio da preservare e riattivare: le esperienze in Lombardia”.

A suo tempo il compositore Gustav Mahler sentenziò che “la tradizione è custodire il fuoco, e non adorare le ceneri”. Tenendo questa massima come riferimento il convegno è stato un’occasione per fare un bilancio di un lavoro che negli ultimi dieci anni ha promosso e incentivato innovazione in ambito culturale e ambientale con lo scopo di incrementare lo sviluppo sociale, tecnologico ed economico di siti a forte interesse come i borghi e il patrimonio storico. Sono stati presentate le case history più significative e il progetto per le Valli Resilienti, realtà dove “resilienza” non è solo la messa in sicurezza ed eventuale ricostruzione dei luoghi, ma anche il rilancio di tutte le attività locali con risultati tangibili. Dalla gestione del rischio spopolamento del centro urbano a Sabbioneta, la città ideale inventata dal Principe, alla realtà di Bienno in Valle Camonica, il borgo dell’acqua e del ferro che oggi è conosciuto come il borgo degli artisti, una comunità innovativa, culturalmente attiva, con prospettive di sviluppo… Esempi concreti di come sia possibile creare buone pratiche di intervento quando l’abbandono sembra aver preso il sopravvento. Qui approfondiamo due esperienze che in comune hanno la riscoperta della bellezza delle cose che ci stanno vicino e il valore di condividerle con gli altri. La prima è il lavoro fatto in Val Camonica, la Valle dei Segni dove per migliaia di anni gli uomini hanno lasciato qui, sulla pietra di queste montagne, il segno della loro presenza. Oggi, grazie a Wall in Art (una rassegna figlia dell’intuizione del Distretto Culturale della Valle, celebri) street artist come Ozmo e Moneyless hanno portato in valle la loro arte con enormi murales. La seconda è il distretto culturale della liuteria di Cremona, un progetto che sostiene la cultura musicale e la liuteria cremonese, coordinando i soggetti che in città si occupano di educazione, formazione e ricerca in ambito musicale e liutario, avvicinando gli ambiti della formazione e della ricerca con la cultura materiale dei liutai. Cremona vissuta non come città dei violini, ma come città dei liutai. Una mission che deve spingere ogni liutaio a volersi trasferire nella città che diede i natali a Mina. Un’esperienza che risalta ancora di più se paragonata a come non viene sfruttato a Genova il violino più famoso al mondo: il Cannone di Paganini

#EuropeforCulture #areeinterne

http://www.distretticulturali.it

 

 

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La Sardegna (vista da Oristano)

 

Malu Entu (isola di Mal di Ventre), un piccolo isolotto a 5 miglia nautiche dalla terraferma. Il suo nome è legato al vento “cattivo” che di sovente la colpisce e che ne ha disegnato, e continua a modificarne, i connotati. L’isola fa parte dell’Area Marina Protetta Penisola del Sinis e Isola di Mal di Ventre e al suo interno, sono state individuate delle differenti zone per intensità di protezione. Regno incontrastato della natura, in tutta la sua forza e bellezza, è balzata agli onori della cronaca quando qualche anno fa un uomo aveva deciso che questa piccola macchia di terra, immersa in un mare cristallino, doveva divenire una repubblica indipendente dal resto della Sardegna. Le rovine di Tharros, una cittadina punico-romana fondata nel VIII secolo a C dai fenici sul luogo di un insediamento dell’Età del Bronzo sulla penisola di Capo San Marco. Due eccellenze della provincia di Oristano, nell’Area protetta del Sinis, una penisola nel centro ovest della Sardegna. Un angolo originale di Sardegna unico nel suo genere, per larghi tratti, ancora selvaggio e poco battuto dal turismo di massa. Osservazioni che valgono sia per i litorali che per l’entroterra. La spiaggia di Is Arutas, così come le vicine spiagge di Mari Ermì e Punta Maimoni, regalano un mare trasparente che assume colori tra il verde e l’azzurro intenso. Sono conosciute come le spiagge dei chicchi di riso, essendo composte da piccoli granelli di quarzo, che presentano sfumature che vanno dal rosa, al verde, al bianco candido. Si differenziano dalle altre coste della Sardegna in quanto composte da granito porfirico e non dalla più comune roccia calcarea. Il lento disgregarsi della materia sotto eventi atmosferici e in seguito a condizioni particolari di raffreddamento, ha creato dei fondali composti di variopinti granelli di quarzo. Altrettanto affascinanti sono i paesi dell’entroterra, ricchi di genuinità e di ‘afrore’ sardo a denominazione di origine controllata. Ognuno è diverso dall’altro e ha la sua storia. San Salvatore, una frazione di Cabras, noto come il paese degli scalzi“ (per via di un evento religioso che si ripete tutti gli anni il primo weekend di settembre), negli anni ’60 è diventato una location per ‘spaghetti western’. Ricercate sul web Giarrettiera Colt, una pellicola cult dove furoreggiava Nicoletta Macchiavelli, un’attrice che ha fatto perdere la testa a Quentin Tarantino… Borghi, questi dell’entroterra di Oristano, che d’estate ospitano i concerti di un festival itinerante che in Italia ha pochi eguali: il Dromos Festival (http://www.dromosfestival.it). Gli ascoltatori di Radio Popolare hanno scoperto tutto ciò accompagnate da 4 indigene: le ragazze dell’associazione di promozione sociale Mariposas de Sardinia. Il consiglio, se cercate una Sardegna verace, è di contattarle..

 

 

 

https://www.facebook.com/mariposasdesardinia

http://www.isoladimaldiventre.com

http://www.areamarinasinis.it

http://www.dromosfestival.it

A 30 anni dall’assassinio di Mauro


“… agli uomini capita di mettere radici, e poi il tronco, i rami, le foglie… quando tira vento, i rami si possono spaccare, le foglie vengono strappate via: allora decidi di non rischiare, di non sfidare il vento. Ti poti, diventi un alberello tranquillo, pochi rami, poche foglie, appena l’indispensabile. Oppure te ne fotti. Cresci e ti allarghi. Vivi. Rischi. Sfidi la mafia, che è una forma di contenimento, di mortificazione. La mafia ti umilia: calati junco che passa la piena, dicono da queste parti. Ecco, la mafia è negazione d’una parola un po’ borghese: la dignità dell’uomo”

Sono parole di Mauro Rostagno, assassinato il 26 settembre di trent’anni fa. Aveva 46 anni e molte vite alle spalle. Leader del ’68 a Trento, dove da Torino si era trasferito per frequentare la nuova facoltà di sociologia. Fondatore di Lotta Continua con Adriano Sofri e animatore del centro culturale milanese Macondo. Poi la scoperta delle filosofie orientali, il viaggio in India con la compagna, Chicca Roveri, e la figlia Maddalena. Infine l’ultimo approdo in Sicilia, a Lenzi (Tp), per dar vita alla comunità Saman, che trasforma in una comunità per il recupero dei tossicodipendenti. Giornalista in una televisione locale, denuncia il malaffare e gli intrecci tra mafia e politica, tra imprenditoria inquinata e i comitati d’affari collegati alle logge deviate. Denunce che gli sono costate la vita. Delle geografie della sua vita avevamo parlato in Onde Road nell’ottobre del 2011 (http://blogs.radiopopolare.it/onderoad/?p=118). Ripartiamo da quella puntata, aggiornandola in compagnia di Maddalena, la figlia di Mauro, e del giornalista Ivan Berni.

 

 

Su richiesta degli ascoltatori ecco la play list che Maddalena dedica al padre (tratta da “Il suono di una mano sola” ediz. Il Saggiatore):

1) Sultans of swing dei Dire Straits, perchè è lui che balla, scanzonato, appassionato

2) Cuanta pasiòn di Paolo Conte, perchè “una illusiòn temeraria, un indiscreto final”

3) The sound of silence di Simon & Garfunkel, perchè è la canzone che scelsi come colonna sonora per accompagnarla al cimitero

4) Voglio vederti danzare di Franco Battiato, perchè la ascoltava quasi ogni giorno

5) Me and Bobby McGee di Janis Joplin, perchè è Janis Joplin

6) Bartali di Paolo Conte, perchè è lui, godereccio e dissacrante

7) Emozioni di Lucio Battisti, perchè lui tanti anni prima aveva detto ai compagni che Battisti si poteva ascoltare, anche se non era un compagno

8) Rimmel di Francesco de Gregori, perchè forse nel suo salotto De Gregori stava suonando proprio quella, mentre io facevo la pipì sul suo tappeto

9) Andrea di Fabrizio de Andrè, perchè è una canzone d’amore e una canzone contro la guerra

10) La libertà di Giorgio Gaber, perchè parla di libertà, perchè la libertà è partecipazione

 

Basso Piemonte

Nei secoli passati, quando i trasporti venivano effettuati a dorso di mulo, le vie di comunicazione e commercio si sviluppavano lungo i crinali, mentre i fondovalle, tortuosi e poco sicuri per via di frane, allagamenti e agguati di briganti, venivano accuratamente evitati. Un esempio classico sono le antiche vie del sale, che collegavano la Pianura Padana con la Riviera Ligure passando per le creste dei monti.

Percorse da mercanti, pellegrini, emigranti, pastori e taglialegna queste antiche vie di crinale furono abbandonate con l’avvento delle strade carrozzabili. Alcune sono state cancellate dal ritorno della vegetazione spontanea, altre sono state recuperate, ripulite e segnalate con segnavia di vernice. Una tra le più suggestive è la Via del Mare, che collega Tortona a Portofino, passando per il Parco dell’Antola e incrociando l’Alta Via dei Monti Liguri. Di questo percorso il tratto generalmente ingiustamente trascurato è quello del Basso Piemonte, per capirci il tortonese. E’ un territorio collinare meno noto delle Langhe e del Monferrato, ma altrettanto “nobile”. Sia sotto il profilo del paesaggio che per i suoi contenuti agroalimentari. Dolci colline, piccoli borghi poco frequentati, e un sovrano che non ha rivali: il Timorasso. Di questo vitigno  a bacca bianca, il più interessante e promettente di una regione a tradizione “rossista” come il Piemonte, ce ne parla Claudio Mariotto (claudiomariotto.it), uno dei più importanti produttori. Invece, nel cuore delle colline del Gavi, la blogger Corinna Agostoni (oltreilbalcone.com)  incontra l’azienda agricola biodinamica La Raia (la-raia.it), acquistata nel 2003 dalla famiglia Rossi Cairo con la mission di recuperare e valorizzare l’ecosistema originale. A Voltaggio, un comune piemontese di con meno di 800 abitanti, piazzato  sulle propaggine dell’Appennino Ligure, incontriamo il Panificio Carrosio (facebook.com/pages/biz/bakery/Panificio-Carrosio-Luca-579162005446050/). E’ un negozio che profuma di zucchero a velo ed è in attività dal 1899. Oggi – sotto l’attenta guida di papà Gianpaolo – siamo alla 4° generazione. Oltre a lui, portano avanti l’attività i due figli, Luca e Giovanna. Il top di gamma del panificio sono deliziosi amaretti morbidi, fatti come vuole la tradizione e incartati a mano, uno ad uno. Scoperte come quella del Panificio Carrosio sono facilitate da Musement (musement.com), una startup italiana, nata nel 2013. Offre molteplici servizi, da sfruttare sia in viaggio che nella propria città: dalla prenotazione di attività, musei ed attrazioni, sino alla creazione di itinerari ed esperienze, sulla base dei propri interessi. Basta invece una cartina del Touring 1:200.00 per scoprire il Basso Piemonte a cavallo di una bicicletta. Questa è una sorta di Terra Santa del pedale, basti pensare che è la patria di Fausto Coppi.

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E-state in Trentino…

Luoghi straordinari, suoni straordinari: è questo l’assunto in base al quale sulle Dolomiti trentine ogni estate natura e musica si abbracciano per dar vita ad eventi unici, dove il paesaggio è scenografia e palcoscenico. Musica classica, jazz, world music e canzone d’autore si arricchiscono di sfumature inedite. Interpreti di fama internazionale esprimono tutta la propria creatività dialogando con l’ambiente che li accoglie, con la poesia del silenzio. Il pubblico non è semplice spettatore: si siede attorno ai musicisti, in un’atmosfera informale ma rispettosa, per vivere un’esperienza che non dimenticherà mai. I Suoni delle Dolomiti (isuonidelledolomiti.it), per quest’anno 25 appuntamenti dal 30 giugno al 31 agosto, sono tutto questo e molto altro ancora. Tra gli spettatori di questi concerti potrebbero esserci anche degli “Avvoltoi barbuti”, nome comune del gipeto, un grande avvoltoio caratterizzato da un folto ciuffo di piume bianche sul volto, in netto contrasto con il resto del piumaggio, tendenzialmente scuro. E’ un uccello sedentario, che si avventura in spostamenti ripetuti solo durante la giovinezza, per poi stabilirsi in una determinata area e restarvi per tutto il resto della vita. E grazie a un recente progetto di reintroduzione è possibile vederlo in volo proprio in alcune aree del Trentino, dal Parco Nazionale dello Stelvio (parcostelviotrentino.it) al Parco Naturale Locale del Monte Baldo (parcomontebaldo.tn.it). Quest’ultimo è il Primo Parco Naturale Locale del Trentino, grazie alla ricchezza della sua flora e fauna, dei suoi ambienti e specie. Una specificità che gli ha fruttato il nick name di Hortus Europae (Giardino d’Europa). A picco sul lago di Garda ed affacciato sulla Valle dell’Adige è una sorta di balcone sulla Pianura Padana, perché è una delle catene montuose delle Alpi centro-orientali che più si spingono verso questa direzione. Tra le iniziative che si possono consumare in loco, nello specifico al Rifugio di Novezzina (ortobotanicomontebaldo.org/rifugio),  anche le ‘cene speziali’ curate dallo chef Alessandro Tannoia. Per l’occasione colori, profumi e sapori del Baldo si fondono nella cucina del Rifugio, passando direttamente dai prati alla tavola. Per sua natura, il menù delle serate è flessibile: dipenderà infatti dal “bottino” floristico raccolto quel giorno sul campo dal botanico e successivamente sapientemente rielaborato dallo chef.

WEB:  visittrentino.info/it  –   muse.it

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