Eiger

L’Eiger, una montagna il cui nome in tedesco significa ‘orco’. Una vetta aguzza, un ghiacciaio alla base che, con i suoi 26 chilometri di lunghezza è il più lungo di tutte le Alpi. E poi una Parete Nord senza confronti. Un oltremondo di ghiaccio e roccia, dove si è consumato un corpo a corpo estenuante tra l’uomo e la terribile bellezza che si voleva possedere. Solo nel 1938 venne vinta da una cordata di alpinisti tedeschi e austriaci, dopo numerose vittime. Una parete così ardua che Hitler trasformò in eroi gli uomini che la conquistarono. Una parete diventata famosa anche perché i drammi di chi vi arrampica possono essere seguiti istante dopo istante seduti a un tavolo degli alberghi costruiti alla Kleine Scheidegg, vero e proprio pulpito naturale a 2061 m s.l.m. . Un pulpito su cui ogni anni si celebra il rito laico dello Snowpenair, un festival rock tra le nevi. Kleine Scheidegg è anche il punto da cui parte il prolungamento di una “impossibile” tratta ferroviaria, il cui progetto è stato partorito in una sola notte del 1893 dall’industriale zurighese Adolf Guyer-Zeller. I lavori per la sua costruzione terminarono 100 anni fa, quando il 1° agosto 1912 un convoglio addobbato a festa, carico di passeggeri, raggiunse per la prima volta la stazione “Jungfraujoch”, situata a 3454 metri d’altitudine. Era ed è la stazione più alta d’Europa. Tutto questo ha trasformato l’Eiger in un richiamo per i turisti da tutto il mondo. In particolare dai paesi dell’estremo oriente, terre dove si coltiva con ardore il mito della ‘svizzeritudine’. Un mito, nato nell’Ottocento, che identificava nelle montagne svizzere una sorta di “felice-mondo-alpestre”, preservato dalle brutture del mondo e illuminato dalla bellezza scintillante delle sue cime. Ed è proprio questo il retaggio culturale che sottende a una certa idea stereotipata che oggi si ha della Svizzera. La Svizzera come fabbrica del turismo da cartolina: montagne incorniciate, paesaggi lindi e “apparecchiati” a misura di turista. Un paradiso degli oggetti ricordo, di gadget e souvenir. Ecco la ‘svizzeritudine’, il grande cesto dei luoghi comuni: il trenino rosso, la stella alpina, il formaggio con i buchi, le mucche, gli orologi sinonimo della puntualità svizzera. E certo lo stesso vale per alcune montagne che sono diventate veri e propri simboli: i profili di cime come l’Eiger e il Cervino, una volta stilizzati, diventano “marchi” di garanzia, icone della “svizzeritudine”. E non può non essere un santuario del turismo lo Junfraujoch, rimesso a nuovo per festeggiare i suoi 100 anni e ampliato con nuovi spazi, battezzati ‘Alpine Sensation’, tra cui una commovente galleria che ricorda gli operai morti per costruire questa linea ferroviaria.

Link utili:

– La regione dello Jungfrau [myjungfrauregion.ch]

– Calendario festeggiamenti per il centenario dello Jungfraujoch [myjungfrau.ch]

– Come viaggiare in treno in Svizzera a metà prezzo [SwissTravelSystem.com]

– Occasioni per viaggiare in treno [svizzera.it/]

– Svizzera Turismo [myswitzerland.com]

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L’entroterra del Parco del Cilento

Vallate selvagge dove lo sguardo non riesce a cogliere tracce di presenza umana. Mandrie di cavalli bradi. La carcassa di un equino sbranata da un branco di lupi. Un paio di poiane che percorrono ampi cerchi nel cielo, in attesa di fiondarsi verso una preda. E’ l’entroterra del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diana. Il mare di Palinuro dista decine di chilometri e centinaia di curve. In compenso davanti a me c’è un oceano di orchidee selvatiche. La mia guida è un omone sulla cinquantina. Conosce le erbe medicinali meglio di uno sciamano nativo americano. “Sono farmacista” ci racconta il professor Nicola di Novella “ma non mi è mai piaciuta l’attività dietro il banco”. Così da anni raccoglie le piante spontanee nel loro ambiente naturale. Conosce, una per una, le 184 entità tra specie, sottospecie, variabilità ed ibridi di orchidee che popolano gli assolati valloni calcarei a una manciata di chilometri da Sassano. Non è l’unico incontro ‘magico’ fatto su queste montagne. C’è Giuseppe, l’unico abitante di Roscigno Vecchia: un borgo nel cuore degli Alburni che fu sgomberato agli inizi del ‘900 per via di due ordinanze del Genio Civile per la minaccia di una frana che si credeva potesse radere al suolo l’intera cittadina. Da allora tutto è rimasto uguale. La piazza dedicata a Giovanni Nicotera, su cui si affacciano le basse case, decorate con bei portali, dei contadini e degli artigiani. Una fontana dalle larghe vasche e una chiesa settecentesca dedicata a San Nicola di Bari. Giuseppe, il sindaco virtuale di questa Pompei del XIX secolo, gestisce un piccolo museo dedicato alla civiltà contadina. E c’è un secondo Giuseppe, un residente a Sant’Angelo a Fasanella. E’ l’originale sacrestano della grotta santuario di San Michele Arcangelo. La grotta, che in età paleolitica era abitata, è gigantesca: lunga 75 metri può ospitare 400 persone. Secondo Giuseppe è stata lavorata dagli angeli, ma fossero stati anche dei muratori bergamaschi il risultato finale è di un’eleganza che lascia sconcertati. Un altare dedicato all’Immacolata Concezione, protetto da un baldacchino ligneo. Sarcofaghi e tombe addossate alle pareti. Un vecchio organo. Tutto è pregno di storia e mistero. Altre grotte da visitare sono quelle di Pertosa, che ogni anno a fine agosto ospitano il festival Negro. Qui conosciamo Virgilio Gay, direttore della Fondazione MIdA (un sistema museale integrato attivo in loco) e con lui entriamo nel magico mondo del carciofo di Pertosa…

L’ Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diana è in Piazza Santa Caterina 8, a Vallo di
Lucania (Sa). Tel. 0974.719911. www.cilentoediano.it. MIdA. Musei Integrati dell’Ambiente.
www.fondazionemida.it. Grotte dell’Angelo. Tel. 0975 397037. www.grottedellangelo.sa.it

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La sposa dell’aria

Torino, 8 ottobre 1893. È un giorno speciale per Anna Demichelis, diciotto anni, bellissima, di umili origini. Annetta si sposa con Giuseppe Charbonnet, grande appassionato di aerostatica, discendente di una facoltosa famiglia francese da tempo stabilitasi nel capoluogo piemontese. Tutta la città è in subbuglio. Lo sposo ha promesso che dopo la cerimonia spiccherà il volo con la sua giovane moglie a bordo dell’aerostato Stella. Il Gazometro di Torino è gremito di gente e le aspettative del pubblico non vengono tradite: al grido di “Viva gli sposi aeronauti!”, la Stella si alza in cielo. È un trionfo, ma per l’intraprendente Charbonnet non è abbastanza e per il giorno successivo organizza una nuova spedizione. A bordo, oltre alla moglie, ci sono due fidi collaboratori della sua officina: il signor Botto e Costantino, un giovane segretamente innamorato di Annetta. Sarà un’odissea, tra tempeste, manovre azzardate, un rovinoso atterraggio su una montagna che nessuno conosce…

Un romanzo, questo di Marco Albino Ferrari (“La sposa dell’aria”, Feltrinelli, 14 Euro), che riesce a fotografare con intelligenza l’ incontro / scontro tra positivismo e religiosità ancestrale. Protagonisti, oltre ai leggendari “sposi dell’aria”, la Torino scapitalizzata e un segmento delle Alpi Graie dimenticato dal turismo di massa. Troppo vicino alla città, privo di moderne attrezzature turistiche. Eppure località come Balme, il Pian della Mussa e il ghiacciaio della Bessanese meritano di essere riscoperti…

Il Museo della Montagna è a Torino, in Piazzale Monte dei Cappuccin. Tel 011 660 4104 – Link

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Vacanze in colonia

Per il sottoscritto, figlio di dipendenti dell’ENI di Enrico Mattei, le colonie erano a Borca di Cadore e a Cesenatico, sulla riviera romagnola. In entrambi i casi trattasi di architetture che fotografano la cultura matteiana. Meritano una incursione anche se non ci siete mai stati. E una incursione meritano anche tutte le ex colonie della riviera adriatica: un affascinante itinerario fra i colossi dell’architettura degli anni Trenta, tra Futurismo e Razionalismo. Vincolati come beni storico-artistici, ma per lo più in stato di totale degrado. In buono stato invece, secondo il vicesindaco Mariagrazia Guida, sono le colonie del comune di Milano. Anche se per farle vivere si sono dovuti aumentare i prezzi delle rette… Per chi volesse approfondire l’argomento purtroppo la bibliografia è scarna. Oltre a uno speciale del mensile Domus (numero 659 del marzo 1985), sono da citare il libro Colonie a mare (AA VV, Grafis, Bologna, 1986) e Cities of chilhood, italian colonie of the 1930s (The Architectural Association, London, 1988). Se conoscete altri testi segnalateceli.

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Le strade del blues

Memphis, la città del cotone. Storicamente una delle più alte concentrazioni di popolazione nera degli States. E’ qui che nel 1960 vennero organizzate le prime marce per l’integrazione razziale. Ed è sempre qui che, su un balcone del Lorraine Motel, è stato assassinato Martin Luther King, icona della lotta nonviolenta per i diritti civili. Era il 4 aprile del 1968 e, visitando oggi la città, sembra che tutto si sia fermato quel giorno. A partire dal Lorraine Motel, il cui aspetto esteriore non è più stato toccato. Davanti alla camera di King è ancora posteggiata la sua macchina. L’interno invece è diventato un museo: il Civil Right Museum. Beale Street, la via dove ci si può ubriacare di musica ogni sera, dista pochi blocchi, ma sembra di essere già in periferia. Memphis, la città che è stata patria del blues, culla del rock’n’roll e tempio del soul, sta cercando, grazie a un investimento miliardario, di trasformarsi in una città-museo. E’ il caso degli studi Sun, dove Sam Phillips chiuse in una stanza il leggendario Million Dollar Quartet (Elvis Presley, Johnny Cash, Jerry Lee Lewis e Carl Perkins) per incidere l’album che generò il rock’n’roll. O degli studi della Stax, l’etichetta che grazie alle incisioni di Otis Redding, Sam & Dave e Isaac Hayes rese grande l’impero del soul. Oggi i due studi aprono le porte ai visitatori che possono accostare le labbra al microfono dove gorgheggiava Johnny Cash o ammirare una ricca documentazione sulla Blaxploitation, il cinema dei ghetti neri. L’augurio è che non si trasformino in piccole Graceland, l’incredidibile casa / mausoleo di Elvis Presley. E’ una specie di Disneyland dell’anima, un luogo dove una quantità incredibile di oggetti inutili, foto e video in cui Elvis si aggira come se fosse nascosto nel giardino. Per scacciare il fantasma di Elvis basta tornare in Beale Street, dove in fondo alla via hanno montato la piccola casetta di legno, dipinta di grigio, dove è nato W.C. Handy, il primo musicista afroamericano a trascrivere su un pentagramma un blues. Quello che è venuto dopo lo si può ascoltare tutte le sere nei cento locali del circondario. Ma anche nella città di St. Louis. Una città che inizia e finisce come quasi tutte le città americane: con una sfilza di centri commerciali e di luoghi di culto. Una sovrabbondanza spirituale chefa da contraltare a una miseria materiale. La stagnazione economica è visibile ad occhio nudo. Il sottile profilo del Gateway Arch segnala l’ingresso in St. Louis, l’ex “cancello del West”, protagonista di mille film Western. Qui è ancora viva la fama dello “Sceriffo dell’Inferno”, un pianista che all’anagrafe si chiamava William Bunch, ma era conosciuto da tutti come Pete Wheatstraw…

Link utili:

National Civil Rights Museum, 450 Mulberry St  – B.B. King’s Blues Club, 143 Beale Street

 

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Malaga

Le processioni iniziano la domenica delle palme, quando ce ne sono in programma ben otto (ma anche gli altri giorni della Settimana Santa non scherzano: 6 processioni il lunedì e il martedì, sette il mercoledì e il giovedì, e addirittura otto il venerdì santo). Ore di marcia che centinaia di ‘nazareni’ seguono indossando lunghe tuniche e il caratteristico lungo cappello a cono, il ‘capirote’. Ogni confraternita ha la sua peculiarità. Quella di ‘Huerto’ sul suo trono issa un ulivo vero, di considerevoli dimensioni. Quella ‘Gitanos’ accoglie dei rom che cantano e ballano. Al contrario la confraternita dei salesiani cammina in silenzio. La Madonna della confrternita della ‘Penas’ dagli anni Quaranta veste un abito fatto di fiori. La processione della ‘Esperanza’ invece è preceduta da un camion che tappezza il cammino di rosmarino, in modo che tronisti e i nazareni si trovino a camminare su un tappeto profumato. Peculiarità della ‘Paloma’ è che una colomba bianca si posi durante la processione sul trono della Madonna. E’ per questo che decine di colombe vengono liberate in Placia de la Constituciòn, con il risultato che anche quest’anno una si è posata là dove la folla voleva si posasse. Chi non sfila per strada assiste come spettatore. Anche il malagueño più laico non si astiene dal farlo. Le modalità sono variegate. Qualcuno si accomoda sulla costosa tribuna d’onore di Plaça della Consitution, molti si accontentano della tribuna de los pobres, la lunga scalinata appoggiata al lungofiume che costa solo la fatica di accaparrarsi un buon posto. Molti affittano una sedia nei luoghi topici delle processioni, ma ancora di più si portano da casa uno sgabellino pieghevole da spiaggia. Entrambi sono equipaggiati con sacchetti di plastica con cibi e bevande da far fuori nei lunghi momenti morti. Chi vuole mettere le gambe sotto un tavolo di un ristorante che si affaccia lungo il percorso delle processioni deve deciderlo con ampio anticipo: le prenotazioni vanno fatte con mesi di anticipo, perche in fondo le processioni sono l’ennesima scusa che gli spagnoli si sono inventati para gozar.

Link utili:

spain.infovisitacostadelsol.com Settimana SantaMuseo della Settimana SantaMuseo Picasso

 

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Piazza Tahrir

Piazza Tahrir, la piazza della rivoluzione egiziana. E’ da lì che il più delle volte partono le telefonate di Laura Cappon, la corrispondente di Radio Popolare al Cairo. Questa puntata di Onde Road è un collage di interviste che Laura ha registrato con alcuni ‘habituè’ di piazza Tahrir. La rivolta delle piazze africane si sta consumando a ritmo di rap: un hip hop che ha saputo dare espressione al malcontento contro disoccupazione e corruzione politica. Due i gruppi intervistati: gli Arabian Knightz (che per il brano ‘Rebel’ si sono avvalsi di un campionamento della voce di Lauryn Hill) e gli Asfalt. La protesta e la voglia di rinnovamento si legge anche sui muri della capitale egiziana: Laura ne ha parlato con Hussem e Ziad, due tra i graffittari più attivi. Ai suoi microfoni un ultras dell’al-Ahly, presente al massacro di Port Said dello scorso febbraio (durante gli scontri tra ultras dell’al-Masry e polizia sono morte 77 persone, un migliaio i feriti) spiega il loro ruolo ‘politico’ in piazza Tahrir. Infine un incontro con Carmine Cartolano, insegnante dell’istituto italiano di cultura al Cairo e dell’università di Helwan sempre al Cairo. 40 anni, è l’autore di Masriano (una crasi con la parola “masri” che significa egiziano e la parola italiano): una raccolta di novelle e situazioni comiche di vita quotidiana egiziana, in distribuzione in tutto l’Egitto. Un libro scritto in dialetto egiziano (in arabo si chiama Ameyya) che consente di entrare in contatto con un Egitto ‘segreto’, invisibile agli occhi del turista.

Link Utili:

Arabian KnightzAsfaltGraffiti della rivoluzioneGanzer

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La Valle dei Mòcheni

La Valle dei Mòcheni, una valle che lo scrittore austriaco Robert Musil definì “incantata”, è una ènclave germanofona a 20 km da Trento. Un’isola (o un oasi?) miracolosamente conservatasi che, oltre ad una natura quasi intatta, mantiene una forte identità grazie alla sua etnìa particolare, i mòcheni (una delle tre minoranze linguistiche sopravvissute nel Trentino, oltre ai cimbri a Luserna, Lavarone e Folgaria e ai ladini della Valle di Fassa), che ancor oggi parlano una lingua quasi incomprensibile al di fuori della piccola valle. Può essere definita un tedesco antico integrato con parole provenienti dal dialetto trentino, sviluppata in seguito all’immigrazione di contadini tedeschi stabilitisi nella valle intorno al 1200-1300. Una lingua tramandatasi per secoli solo oralmente, di generazione in generazione. Una lingua che sopravvive, unitamente ad altri elementi identitari, anche grazie al lavoro dell’Istituto Culturale Mòcheno – Bernstoler Kulturinstitut di Palau del Fersina. Gaetano, custode della forestale, ci guida alla scoperta della ricca vegetazione della valle. Ad illustrare un aspetto della gastronomia mòchena, da sempre imperniata attorno alla cultura del maso e del maiale, ci pensa la signora Agnese, della Miniera dei Sapori di Sant’Orsola, che ci racconta di come ha inventato degli incredibili salamini ai mirtilli. A proposito di bizzarrie chiudiamo facendoci illustrare dal suo ‘papà’ il Museo del Paracarro di Canezza di Pergine, un originale tributo ai grandi ciclisti e ai cultori del pedale.

Link utili:

Bersntoler Kulturinstitut Istituto Culturale Mocheno – Consorzio delle Pro Loco Valle dei Mòcheniwww.visittrentino.it

Ultime da Marsiglia

Siamo andati a verificare i danni causati dall’incendio scoppiato lo scorso febbraio all’interno della Cité Radieuse, l’Unità d’abitazione, progettata e realizzata da Le Corbusier tra il 1947 e il 1952. L’incendio si è propagato da uno degli appartamenti del primo piano ed è stato spento dai pompieri solo dodici ore dopo. La Cité Radieuse assomiglia a un gigantesco piroscafo ancorato a un parco: è lunga 165 metri, larga 24 e alta 56; ospita 334 appartamenti (in cui vivono circa 1600 persone). Al corpo centrale si aggiungono i numerosi prolungamenti: una via interna con dei negozi e un hotel. L’ultimo livello è occupato da una scuola materna e una palestra. A Marsiglia rivoluzioni edilizie sono ancora in corso con i lavori di Euromediterranèe, un ambizioso progetto di riqualificazione delle aree portuali dismesse, operazione che serve come volano per la conversione della base economica urbana. Tra i lavori in corso anche quelli de La Villa, un edificio polivalente di 7000 metri quadrati, destinato ad ospitare attività di ricerca e spazi di documentazione sul Mediterraneo. Il progetto è curato da Stefano Boeri, assessore alla cultura del comune di Milano, che ci racconta lo stato dei lavori e cerca di fare un paragone con le grandi opere milanesi. Lavori in corso anche al Vèlodrome, la casa dell’OM, molto più che una squadra di calcio. Sugli spalti di questo stadio rimbalzano i suoni delle mille musiche che percorrono la città. Nadia Ammour, musicista cabila, ce ne presenta una. Mentre il regista Robert Guèdiguian, autore del bellissimo film ‘Le nevi del Kilimangiaro’, ambientato a Marsiglia, ci spiega i colori e le luci della sua città. Colori e luci, quelli di Marsiglia e del Midì francese, che hanno ammaliato decine di pittori. Per ripercorrerne le orme il Comitato Regionale del Turismo Provenza Alpi Costa Azzurra offre la possibilità di vedere la regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra attraverso gli occhi dei grandi pittori. La possibilità di camminare nei posti di Cezanne, Matisse, Van Gogh, Monet o Braque e scoprire sotto un altro angolo i luoghi mitici della pittura del XIX e XX secolo. Il tutto grazie alla Gallery PACA, un’applicazione gratuita per i vostri telefoni cellulari di nuova generazione.

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Link utili:

Info MarsigliaMarsiglia capitale europea cultura 2013Gallery PACA

L’architetto anglo-irachena Zaha Hadid ha firmato la torre CMA CGM vicino al porto di Marsiglia. In questo video descrive una giornata marsigliese vista dall’edificio.

Mala Milano

Un viaggio nelle geografie della Milano criminale degli anni ’70. La Milano di Vallanzasca, di Turatello e di Luciano Lutring. Dalla Comasina al Giambellino, dal bar Basso a quello del Cerruti Gino, dalle bische clandestine a quelle in pieno centro città, frequentate anche da Gianni Agnelli. A guidarci in questa Milano che ormai non esiste più Antonella D’Agostino, moglie di Renato Vallanzasca e amica d’infanzia di Francis Turatello. Gli scrittori e giornalisti Piero Colaprico, Fabio Poletti e Andrea Villani. Colonna sonora la Milano cantata con il suo dialetto. Oltre a un valzer scritto da Luciano Lutring, il solista del mitra…

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Valdazze

Un viaggio alla ricerca di un luogo della mente che ha saputo darsi una estrinsecazione oltre la metafisica: Valdazze,  il villaggio del cantante. Topograficamente è sul border tosco-romagnolo: 6 km da Pieve S. Stefano e 12 km da da S. Sepolcro, lungo la E45, quella bizzarra arteria a doppia corsia che collega Cesena e Roma (e non è una autostrada). Finalmente svelato l’humus economico-culturale che ha portato il fu cavalier Silvio Giorgetti (il Romolo, ma anche il Remo di Valdazze) ad ideare il progetto del villaggio del cantante, i suoi rapporti con Amintore Fanfani e con il cardinal Tonini.  Interviste esclusive a tutti gli abitanti del ridente borgo tosco-romagnolo (per amor di statistica, e per evidenziare che non vogliamo bullarci, ricordo che sono solo tre). L’intervento di Enrico Maria Papes, storica voce (bassa) dei Giganti. L’inno al mare e l’emozione allo stato puro registrata in viale John Lennon. E ovviamente le imprescindibili canzoni dei Saluti da Saturno, ideatori e organizzatori di questa gita. Una band che a Valdazze ha voluto dedicare un intero album.

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Bilbao

Si scrive Bilbao, si pronuncia Guggenheim. Curve sinuose, un incredibile rivestimento di titanio, la mancanza di angoli retti nelle galleria. Il capolavoro di Frank O’ Gehry nel primo anno di vita il Guggenheim ha attirato circa 100 mila visitatori al mese. In seguito, invece di calare bruscamente come accade a un blockbuster natalizio, il tasso delle presenze si è assestato a «una velocità di crociera di quasi un milione di visitatori l’anno». L’impatto del flusso di turisti su questa città di 354.000 abitanti è stato spettacolare. Gli albergucci senza fascino né pretese e le pensioncine ammuffite sono state sostituite da alberghi di tendenza. Gli arrugginiti cantieri navali accanto al Guggenheim sono stati rasi al suolo, e al loro posto si è fatto spazio per una curatissima cintura verde di giardinetti, piste ciclabili e caffè affacciati sulla sponda del fiume. Un tram giallo-verde passa adesso lungo il Nervión. Il gotha dell’architettura internazionale ha lasciato il proprio nome impresso nella skyline in costante evoluzione di Bilbao: Álvaro Siza (gli edifici dell’università), Cesar Pelli (un grattacielo di uffici di 40 piani), Santiago Calatrava (il terminal dell’aeroporto), Zaha Hadid (il piano generale), Robert A. M. Stern (un centro commerciale) e Rafael Moneo (una biblioteca). Philippe Starck, invece, ha curato la conversione dell’antico magazzino di vini e oli (l’Alhòndiga), in un moderno centro culturale. Per l’atrio il designer francese ha voluto che le colonne rappresentassero le icone delle culture di tutto il mondo in tutte le epoche. 43 pezzi unici: tutte diverse per stile, forma e materiale. Per disegnarle e cercare gli artigiani capaci di modellarle Starck ha chiamato lo scenografo italiano Lorenzo Baraldi , che ha raccontato questa esperienza nel documentario “43 colonne in scena a Bilbao”. Bilbao è anche l’ Athletic Bilbao, la squadra dove possono giocare solo calciatori baschi. Sulla costa adiacente alla città si infrange l’onda di sinistra, un’onda amata dai surfisti di tutto il mondo. Ma Bilbao è anche una meta per gli amanti della buona cucina: txakoli (vino bianco), pintxos (stuzzichini) e le creazioni di Eneko, giovane e creativo chef basco che curiosamente, a differenza di quanti hanno fatto entrare la chimica in cucina, usa la fisica…

 Link Utili:

– Info sulla città: www.tourspain.es / www.spain.info
Info sul Guggenheim
– “43 colonne in scena a Bilbao”, documentario sulle colonne dell’Alhòndiga
Il ristorante di Eneko Atxa

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Danimarca

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In giro per Kodbyen, la vecchia ‘cittadella della carne’, oggi uno dei luoghi più intriganti di Copenhagen, che ospita bar, locali e gallerie come la V1 gallery dove espongono artisti come Banksy e Shepard Fairey. Dove dormire low cost nella capitale danese? Vi parliamo di un 4 stelle con prezzi da 2 (il Wakeup Copenhagen) e un ostello a cinque stelle nel cuore della città (il Danhostel Copenhagen City). Niccolò Vecchia intervista Rene Redzepi, il mitico chef del Noma, il più famoso ristorante stellato danese che ha appena dato alle stampe una guida tascabile di Copenhagen curata dai suoi chef, camerieri, cameriere e sommelier. Sandra Davolio, artigiana italiana da anni residente in Danimarca, ci parla di design. Mentre Isotta Scenna ci porta a spasso per lo Jutland, tra spiagge ventose, case coi tetti di paglia e negozi di ambra.

Link Utili:

www.v1gallery.comwww.danhostel.dkwww.wakeupcopenhagen.comwww.noma.dkwww.visitdenmark.com

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Queyras

Il Queyras, una regione francese situata nel dipartimento delle Alte Alpi, è una meta perfetta per chi d’estate (ma anche adesso, in pieno inverno) vuole fare un’immersione nella natura. La regione ospita un parco naturalistico regionale di 650 km quadrati. Siamo a poco più di 140 km da Torino. Dall’ex capitale sabauda si prosegue sino a Salice D’Aux, due ore d’autobus e si è nel Queyras. Montagne e valli di straordinaria bellezza popolate da camosci (ne sono stati censiti 2500), stambecchi, aquile reali, marmotte, lupi, gufi reali, fagiani di monte, boschi lussureggianti e una miriade di laghetti e cascate. Castelli e pittoreschi villaggi montani. Ogni intervento dell’uomo, dagli insediamenti abitativi agli alberghi, dalle strutture per cimentarsi negli sport più svariati alle piste e gli impianti sciistici (105 km di piste per lo sci alpino e 150 per quello nordico, con tariffe più economiche rispetto all’Italia), sono realizzati cercando di ridurre al minimo l’impatto ambientale. Zone ed impianti sicuramente meno affollati rispetto alla media. La scelta politica di non potenziare gli impianti di risalita impedisce lo sbarco di folle starnazzanti e consente la riscoperta del fascino dei vecchi skilift. Anche se non si pratica il telemark qui si scia vintage. E si scia ‘a prezzi politici’: un giornaliero costa 21 euro e mezzo. 30 euro l’abbonamento per il weekend. Prezzi da fantascienza.Gratuito invece l’ingresso al piccolo museo di Ristolas, l’ultimo comune del Queyras, sui contrafforti del Monviso. E’ in una casetta lungo la pista di fondo, abitata da Monsieur Stephan. Tre camerette che affitta ai turisti, una dove vive lui e un salone, utilizzato per il museo. Dalle finestre si vedono il Col de La Croix e il Col de Pelvas. E si possono osservare gli uccelli che vivono nella vallata. Alle pareti quadretti con le impronte degli animali, alcune sue creazioni artistiche, disegni di indigeni con abiti tradizionali, una bandiera occitana, una cartina dell’Occitania. E alcune pubblicazioni su usi, costumi e storia locale. Attira la ns attenzione un volumetto dedicato agli escartons, abitanti di una Repubblica nota per aver messo al bando nel 1343 il regime feudale ed esteso il diritto di voto anche alle donne. Chiediamo a Stephan di raccontarci chi erano gli Escarton e lui ci risponde mescolando francese, occitano e qualche parola di italiano.

Link Utili:

Sito del QueyrasSito del museo di RistolasAssociazione Culturale Escarton

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Vivere con la montagna

“Vado alla ricerca di oasi, dove il pensiero e i sogni camminano parallelamente. Mi capita spesso di voler bloccare un sogno, di fermare il tempo. La corda di canapa sale lentamente. Alla sua estremità è legato un vecchio montanaro. Egli conosce la vita, conosce il mondo, conosce me”. Così scrive Fausto De Stefani, alpinista, naturalista, fotografo ed esploratore, sull’home page del suo sito. Dopo Reinhold Messner è stato il secondo alpinista italiano, ed il sesto al mondo, ad aver scalato tutte le quattordici vette superiori agli 8000 metri. Lo abbiamo incontrato non per parlare di super uomini, ma per discutere di montagna, di persone che la amano e la vivono. Gli stessi argomenti di cui abbiamo parlato con Luigi Maieron, musicista carnico che è venuto a trovarci per farci ascoltare le canzoni di “Bacco, tabacco e Venere”, la sua ultima fatica discografica.

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Link utili: Fausto De StefaniLuigi Maieron