“Una bambina, non riuscendo a pronunciare la parola Signora, la chiamava Ora. Ella non poteva mettere in difficoltà quella bambina, e così volle essere chiamata Ora da tutte le persone che la circondavano. Da allora Lucia de Viti de Marco, figlia del famoso economista Antonio e di Etta Dunham Lathrop, fu per tutti Ora”. E’ l’incipit di quanto riportato su un cartello che campeggia davanti all’ingresso della casa di Ora, una delle strutture di proprietà della Fondazione Le Costantine, un centro di attività agricola, artigianale e pedagogica: un’oasi di pace immersa tra uliveti e macchia mediterranea, a 3 km da Otranto, che riunisce in una sola realtà la tessitura, l’agricoltura biodinamica, l’ospitalità anche per disabili e la formazione. E’ un buon indirizzo per trascorrere qualche giorno nel Salento, là dove lo stivale tocca il fondo. Un’alternativa è offerta dalla Masseria Panareo, una struttura dalla storia secolare che vanta una posizione straordinaria sulla litoranea Otranto-S. Cesarea Terme. Entrambe le strutture sono nel cuore del Salento. Campi di grano, coltivazioni di tabacco perse tra ulivi secolari. Muri a secco, pozzi, colombaie e frantoi. Case di calce e palazzi di tufo. Paesi limati dal vento e dalla luce. Per coglierne l’essenza bisogna visitare la Casa-museo della civiltà contadina di Calimera. E’ una vera e propria casa a corte, dove ogni stanza, allestita seguendo un ordine tematico, ospita oggetti sempre presenti nelle abitazioni salentine tradizionali. Questo è uno scampolo di meridione d’Italia che è già oriente. Più a oriente di Praga e di Vienna. Testimonial di questa realtà gli affreschi bizantini di Carpignano, nelle cripte delle SS. Cristina e Marina. Tra i tanti monumenti salentini ci soffermiamo sull’Abbazia di San Nicola di Casole, a pochi chilometri da Otranto. Mentre per le bellezze naturali abbiamo scelto il Parco di Porto Selvaggio, un luogo per il quale non dobbiamo ringraziare solo il buon dio, ma anche Renata Fonte. Assessore alla pubblica istruzione e cultura al comune di Nardò, Renata fu ammazzata la notte del 31 marzo 1984 davanti a casa. Fu il primo delitto politico-mafioso della Puglia. L’unica sua colpa: aver combattuto contro una variante al piano regolatore che avrebbe permesso di costruire e speculare proprio a Porto Selvaggio.
- Da leggere:
“Bizantini in terra d’Otranto” di Cesare Daquino (2000, Capone Editore)
“Lotta civile” di Antonella Mascali (2009, Chiarelettere, collana Reverse)