Dove si suona?

Con Giordano Casiraghi sfogliando il suo “Che musica a Milano. Luoghi e ritrovi storici raccontati dai protagonisti della scena” (ZONA, 2014)” ripercorriamo locali storici, club, bar, trattorie, night, cabaret, ritrovi alternativi, teatri, palazzi dello sport, palchi a cielo aperto dove si poteva ascoltare musica dal vivo a Milano. Linda Lucini evoca la leggenda del Folk Studio di Roma, l’ennesimo locale che ha abbassato le serrande per sempre. Percorriamo le geografie dei ‘defunti’ locali della swinging London e a Liverpool incontriamo un ragazzo di Treviso che lavora nel locale che, adottandone il nome, è sorto nelle immediate vicinanze dello storico Cavern che aveva ospitato i primi Beatles. Strage di locali anche a Reykjavik in Islanda. L’ultimo è stato il Kex, che ha abbassato le saracinesche l’ultima volta alla fine dello scorso agosto. Tra le vittime illustri, spesso frequentati da star locali come Bjork e Sigur Ros, citiamo il Sirkus, il Nasa e il Factory: tutti e tre sono stati sostituiti da alberghi. A Berlino hanno chiuso storici locali come il Watergate, il tempio della musica elettronica. Dopo la caduta del muro, nel 1989, furono tantissimi gli edifici convertiti in club. La fama del Tresor o del Berghain, locali ricavati da vecchi scantinati o da edifici industriali abbandonati, si è rapidamente diffuso anche fuori Berlino. Con i voli low cost, i turisti arrivavano in massa, anche solo per il fine settimana. La scomparsa di diverse compagnie aeree low cost, tra cui Air Berlin, e la speculazione immobiliare hanno ridimensionato tutto.

Negli ultimi anni, parallelamente alla crisi dei locali per i giovani artisti in cerca di farsi conoscere, il business vola in compagnia dei cosiddetti headliner, ovvero i grandi artisti in grado di richiamare un pubblico di massa. Per loro non è un problema andare in tour, perché riescono tranquillamente a sostenere i costi degli spostamenti, cosa che i musicisti di medio livello faticano a fare. Le multinazionali come Live Nation, avendo sotto contratto le star internazionali, riempiono stadi, arene e palasport. Il loro fatturato ha raggiunto i  22.7 miliardi di dollari.  I locali più piccoli, come detto, faticano ad arrivare a fine mese, anche quando i concerti sono esauriti. Lo dimostra il fatto che solo nel Regno Unito ben 125 locali hanno abbandonato la musica dal vivo nel 2023. Nel 2024 la moria è continuata. La causa va ricercata, oltre   ai postumi del Covid, nell’impennata dei prezzi degli affitti e dell’energia.

Che fare? Direbbe Lenin. In Francia, per difendere i piccoli locali, hanno creato un fondo centralizzato di circa 20 milioni annui a cui i locali, gli artisti e i promoter possono attingere. C’è anche un secondo fondo finanziato da un prelievo  sul valore lordo dei biglietti venduti nelle grandi sedi dei concerti. In Inghilterra ci stanno pensando gli artisti. Lo scorso febbraio la metal band britannica degli Enter Shikari ha deciso di donare una sterlina per ogni biglietto venduto per il loro spettacolo in una arena. I Coldplay, una band che è arrivata al successo mondiale grazie alla frequentazione dei piccoli club, hanno deciso di fare di più: il 10% dei guadagni dal tour inglese del prossimo agosto andrà al Music Venus Trust, un’organizzazione di beneficenza che mira a proteggere e migliorare i locali musicali del Regno Unito. E in Italia? Tranquilli: nessuna legge difende i piccoli locali e nessun artista ha per ora pensato di fare qualcosa… In attesa che qualcosa si muova  è in corso una raccolta di testi, immagini, brevi video per raccontare la storia del nostro “club del cuore” e dei tanti club di musica live che per molti di noi – musicisti, gestori o semplici appassionati – sono stati o continuano ad essere “casa”.
Vanno inviati a danielabonanni52@alice.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *