“La resistenza ebbe le armi e le canzoni. Impossibile pensarla senza le une o senza le altre. In quelle canzoni c’erano i vent’anni dei partigiani, la loro freschezza e la loro esuberanza. I fascisti cantavano canzoni allegre nell’apparenza e orrende nei concetti, canzoni pruriginose e morte… Il canto fu riscattato dai partigiani, la canzone si fece arma di liberazione, di denuncia, di verità, e accompagnò la lotta per monti e per valli, azione per azione…”. Così scrive Alessio Lega, autore di “La resistenza in cento canti” (ed. Mimesis). Sottoscriviamo in toto. Ed è per questo che in vista del 25 aprile raccontiamo la storia di Felice Cascione, il partigiano che scrisse “Fischia il vento“.
“Da intorno e sotto aumentarono le insistenze e quello allora intonò ‘Fischia il vento, infuria la bufera’”. Lo scriveva Beppe Fenoglio, ne «Il partigiano Johnny». E Guido Somano, nel diario «Taccuino alla macchia», il 13 febbraio ’44: «Cantano una canzone che non ho mai sentito e che è bellissima e dice… fischia il vento urla la bufera». Era la prima canzone partigiana, diventata poi l’inno delle Brigate Garibaldi. Si racconta che venne intonata, la prima volta, a Curenna di Vendone, vicino ad Albenga, nel Natale 1943. Ma in forma ufficiale fu eseguita ad Alto, nel piazzale della chiesa, nell’Epifania ’44.
Felice Cascione era un medico e per questo motivo il suo nome di battaglia fu ‘U megu‘. Nacque a Porto Maurizio (Imperia) il 2 maggio 1918 e morì in uno scontro con i fascisti sulle montagne del cuneese nel 1944. Quello che c’è stato in mezzo ce lo racconta Donatella Alfonso, autrice del libro “Fischia il vento. Felice Cascione e il canto dei ribelli” (ed. Castelvecchi). Gli studi di Medicina e l’adesione al Partito comunista, lo sport e la scelta di unirsi alla Resistenza . La genesi della canzone che scrisse pochi giorni prima di essere ucciso. Fischia il vento, un simbolo della lotta partigiana, venne composta da Cascione sulla melodia del canto popolare sovietico Katjusa, suggerito dal partigiano Ivan, che era tornato dalla campagna di Russia. Dopo la morte di Felice, la canzone iniziò a diffondersi spontaneamente, fino a diventare l’inno più cantato della Resistenza. Donatella Alfonso ci ha procurato anche le voci di due partigiani che erano in montagna con Cascione: Miro Genovese, che militava anche nella stessa squadra di pallanuoto di U megu, e Carlo Trucco, il partigiano Girasole, che portò sino a Cuba “Fischia il vento”, facendone dono a Camilo Guevara.