Oggi l’Isola Ferdinandea è una piattaforma di roccia che si trova tra 6 e 8 metri sotto la superficie del marea tra Sciacca e l’isola di Pantelleria. Pare sia la bocca di un vulcano sommerso che di tanto in tanto erutta e riemerge. E’ quel che è successo nel 1831, quando si formò un’isola che crebbe fino ad una superficie di circa 4 km² e 65 m di altezza. Ma l’azione erosiva delle onde e la subsidenza dell’isola stessa fecero si che l’isola non ebbe vita lunga e così scomparve definitivamente sotto le onde nel gennaio del 1832. La sua scomparsa non ha portato però alla risoluzione del problema della sua sovranità perché l’isola faceva gola a chi era alla ricerca di avamposti strategici per gli approdi delle loro flotte mercantili e militari. Così il 2 agosto l’Inghilterra prese possesso dell’isola chiamandola “Graham”, suscitando le proteste dei siciliani. Il 26 settembre anche la Francia inviò un brigantino con a bordo il pittore Edmond Joinville, che realizzò i disegni dell’isola. I francesi la ribattezzarono “Iulia” in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, poi posero una targa a futura memoria e innalzarono sul punto più alto la bandiera francese. Allora Ferdinando II inviò sul posto il capitano Corrao che, sceso sull’isola, piantò la bandiera borbonica battezzando l’isola “Ferdinandea” in onore del sovrano. Da allora sono frequenti le voci di una riemersioni dell’isola che, ad oggi, continua a rimanere sott’acqua. Lo scorso luglio l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nell’ambito del programma di controllo dei Vulcani sommersi dei mari italiani, ha dato il via a una campagna di monitoraggio multidisciplinare sottomarino nell’area dei banchi del Canale di Sicilia dove risiede la piattaforma della ex Isola Ferdinandea, il Banco Graham per i tecnici dell’INGV. Durante la campagna è stato eseguito un rilievo con un sonar di precisione che ha permesso di identificare 9 distinti crateri. A completamento delle operazioni sono stati deposti tre stazioni sismiche da fondo mare equipaggiate con sismometro. L’analisi dei dati permetterà di capire meglio lo stato di attività del vulcano. Il problema è che a causa dei tagli ministeriali agli istituti di ricerca come l’INGV si corre il rischio che le stazioni sismiche termineranno le loro batteria prima che qualcuno possa andare a ritirarle per leggerne i dati rilevati.