Andalusia

Siviglia è la città d’Europa con il maggior numero di strade dedicate alla Madonna: 48 tra vie e piazze. Ma nell’Alcazar ha eretto un monumento a un monarca musulmano di tanto tempo fa, la cui stele recita: “La città al suo re Almutamid Ibn Abbad. 900 anni dopo”. Città meticcia come la sua musica, il flamenco: un suono figlio del viaggio del popolo rom dal Rajasthan all’estremo Occidente d’Europa. Siviglia è una città fatta per incontrarsi, per guardarsi, toccarsi, parlarsi. Il rito delle tapas sembra inventato apposta per facilitare tutte queste operazioni. Meglio diffidare dai locali del centro, perennemente battuti da nutrite pattuglie di turisti. Più saggio puntare sui quartieri frequentati dai sevillani, come l’Alameda de Hercules. Posta subito a nord del centro, è un’enorme spazio aperto, originariamente delimitato da pioppi (alamos in spagnolo), il cui suolo era coperto dall’alvero, la tipica terra sabbiosa andalusa di colore giallo. Dello stesso colore sono stati dipinti i mattoni che oggi lastricano la piazza. Frotte di ragazzini giocano a pallone su questo fondo dorato, utilizzando come porte le colonne di un tempio romano. Un’alternativa è offerta da quelli che i sivigliani chiamano Las Setas: i funghi. E’ il Metropol Parasol: una struttura fungiforme alta 30 metri, larga 75 e lunga 150, con sei “gambi” che sorreggono i “cappelli” formati da una “pelle” fatta di miscela di legno e poliuretano. Una architettura in grado di creare, sopra plaza de la Encarnaciòn, un’unica onda d’ombra. Al suo posto, per secoli, c’era un monastero. Successivamente dei mercati, e poi solo dei tristi parcheggi. Oggi grazie al Parasol si può passeggiare sopra plaza de la Encarnaciòn, percorrendo ondulati sentieri tracciati sui suoi tetti che regalano scorci fantastici su Siviglia. Una terza meta per delle ottime tapas è sull’altra sponda del Guadalquivir, a Triana. Qui una volta viveva la comunità gitana, oggi è un microcosmo di autenticità che merita di essere scoperto palmo a palmo. Se non si esagera con la birra si può affittare un kayak e, dopo aver solcato le acque del Guadalquivir, sbarcare nelle adiacenze del Padiglione della Navigazione, sull’isola della Cartuja. Disegnato e revisionato dall’architetto Guillermo Vázquez Consuegra, ospita mostre permanenti e temporanee legate alla navigazione. Lasciata Siviglia ci spingiamo a Marinaleda, una cittadina Andalusa che non conosce disoccupazione e prospera all’ombra della sua cooperativa agricola. E poi a Cordoba, la città della moschea della Mezquita, un gigantesco souvenir di quando i mori, giunti attraverso lo stretto di Gibilterra nel 711 d.C., scelsero Cordoba come capitale di al-Andalus, la Spagna islamica. Petra, una nostra ascoltatrice, ci svela il segreto degli azulejos de papel, e poi visiteremo il museo che ospita i quadri di Julio Romero de Torres, un pittore che dipinse prevalentemente figure femminili, more dal profondo sguardo misterioso, che produssero scandalo nei primi trent’anni del novecento per la potente carica erotica che offrivano attraverso la loro seminudità.

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