Passo dopo passo, Marco Albino Ferrari ne “La via del lupo. Nella natura selvaggia dall’Appenino alle Alpi”(editore Laterza), ha rintracciato la ‘via’ che da circa quarant’anni il lupo è tornato a percorrere, fra luoghi marginali e misteriosi, dopo essere scomparso alla vista dell’uomo. Una via naturale attraverso foreste, altipiani, praterie d’alta quota, crinali, vallate secondarie e paesi isolati: l’altopiano di Castelluccio di Norcia, le Foreste Casentinesi, l’Appennino parmense, le Alpi Liguri, le Marittime, il Parco del Gran Paradiso, e ancora più in là, sull’arco alpino fino in Trentino. È lì che gli ultimi branchi sono stati avvistati, dove il Canis lupus italicus si incontrerà con altri esemplari in arrivo dalla Slovenia. Un incontro atteso, che forse completerà fino in fondo la via. Marco ci racconta del lavoro, negli anni Settanta, di un gruppo di giovani ricercatori (l’etologo tedesco Erik Zimen, David Mech, lupologo americano, e il romano Luigi Boitani, oggi titolare della cattedra di Zoologia dei Vertebrati all’Università La Sapienza di Roma) impegnati a studiare con metodi sperimentali ciò che all’epoca veniva ancora rappresentato come il “misterioso animale delle foreste” o il “divoratore di bambini”. Ci spiega come oggi viene rilevata e monitorata la presenza dei lupi. E risponde a Caterina, una nostra ascoltatrice che di mestiere alleva pecore e cavalli, che ci spiega perché se ieri i lupi erano in via di estinzione, oggi lo sono gli allevatori di pecore.