Val Badia

Giovan Battista Alton, scrittore nativo di Colfosco, nel 1888 scriveva: “Nella storia di queste valli recondite, la parte più importante l’ha sempre avuta la natura, anche perché qui, fra boschi profondi e montagne silenziose, non c’era spazio per grandi imprese di uomini potenti o masse popolari. Qui, per molti secoli, l’uomo è rimasto solo con la natura”. E’ solo con il dopoguerra che nelle valli dolomitiche è iniziato il processo che, con il passare degli anni, ha trasformato l’industria turistica da un’esperienza d’élite a una realtà di massa. Renata Kostner Pizzinini è una preziosa testimone di questo processo, che ha raccontato in “Un capitolo di storia del turismo in Alta Badia“, un tomo di oltre 600 pagine scritto a quattro mani con Werner Pescosta (ediz. Uniun di Ladins Val Badia, 2019). Titolare senior dell’albergo a quattro stelle “Cappella” di Colfosco, Renata ha ricevuto Presidenti e cenato con ambasciatori, conosciuto sovrani e alpinisti di fama mondiale durante i suoi viaggi in 95 paesi, esposto nella propria “Art Gallery Renèe” opere di Salvador Dalí, Salvatore Fiume o Siegward Sprotte e cresciuto con suo marito Giuseppe quattro figli. Appassionata fotografa, valente scalatrice e per anni Presidente dell’Assistenza sociale della Val Badia, Renata è nipote di Josef e Cesco Kostner, due pionieri del turismo in Alta Badia, una delle vallate abitate dal popolo ladino. “La loro è una storia di nazionalità negata e la loro resilienza è un caso da studiare” ci spiega Paolo Paci, direttore della rivista MeridianiMontagne, il cui numero di maggio/giugno è interamente dedicato alla Val Badia (ed Domus). Proprio lo spirito di ‘conservazione’ dei ladini  è la mission dell’Istitut Ladin Micurà de Rü , un ente culturale con sedi a San Martino in Badia e a Selva di Val Gardena, che ha preso il nome dal sacerdote che, tra i primi, approfondì gli studi sulla lingua ladina. “Il nostro ente” ci spiega Leander Moroder, direttore dell’Istituto “ha ricevuto l’incarico dalla Provincia di normare la lingua ladina, di svilupparla e adattarla ai bisogni moderni e al tempo che evolve. In pratica dobbiamo prenderci cura della nostra lingua. Quello che si studia a scuola  (il ladino lo si insegna sin dalle elementari) lo decidiamo noi”. Francesco Gabbani, il musicista che con Occidentali’s Karma sbaragliò Sanremo nel 2017, è tra i cultori dell’Alta Badia e avendo bisogno di un luogo dove perdersi nella natura è qui che si è creato una tana: “Ho preso una stanza in una struttura che al piano di sotto ospita delle mucche. L’ho insonorizzata perché così posso suonare senza disturbarle,  anche se mi dicono che la musica fa fare del latte migliore”. In ‘Un sorriso dentro al pianto‘, una canzone che ha composto per Ornella Vanoni in un passaggio recita ‘in equilibrio sopra a un’emozione / che capovolge l’esistenza alle persone’. “Quando l’ho scritta” ci confessa Gabbani “pensavo alla vita della Vanoni. Ma poi mi sono accorto che vale anche per i miei giri tra i boschi e le vallate dell’Alta Badia. Per esempio quando faccio la ferrata Tridentina sul Gruppo Sella e là sotto si intravede Colfosco. E io mi incanto guardando i boschi e i crinali selvaggi”. Questa vallata, verde e incontaminata, la si può scoprire anche pedalando su una bicicletta, “basta inscriversi alla Maratona dles Dolomites (maratona.it/it)” come ci conferma il giornalista Ettore Pettinaroli. Ed è proprio nella salvaguardia del rapporto con la natura che Roberto Huber, direttore di Alta Badia Brand , vede la strada per il futuro: “Dobbiamo trovare la giusta via perché il maggior numero di persone possa vivere questi luoghi senza che lo rovinino. Entro meno di dieci anni vogliamo essere la prima meta di montagna con climate positive”.

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