Le rotte dell’arte africana

 

“La sciabola che vi consegnamo oggi risplende alla luce del sole, è la luce della conoscenza e dell’amicizia che lega i nostri popoli”, aveva detto, in presenza del presidente senegalese Macky Sall, l’ex primo ministro francese Édouard Philippe, il 17 novembre 2019, in visita a Dakar. Interveniva in occasione della restituzione della Francia al Senegal della sciabola di El Hadji Omar Tall, condottiero che si oppose alla dominazione francese in Africa occidentale. Philippe, accompagnato da un’importante delegazione ministeriale, aveva ricordato le circostanze di questa restituzione: “Come sapete il presidente Macron ha sottolineato più volte il suo desiderio di valorizzare il patrimonio africano in Africa. E’ quello che farà il Museo delle Civiltà Nere con il sostegno dei musei francesi”. Il gesto simbolico si è concretizzato un anno dopo l’inaugurazione del nuovo museo di Dakar, che porta il marchio anche di un altro attore internazionale importante, la Cina. Da molti anni Pechino sta sviluppando infatti una “diplomazia del patrimonio culturale”, al cui centro c’è proprio l’Africa e il dibattito sulla restituzione delle opere d’arte africane da parte degli ex colonizzatori. Progettato dal Beijing Institute of Architectural Design, uno studio di architettura di cui è proprietario lo stato cinese, il Museo delle civiltà nere di Dakar è un dono di 30.5 milioni di euro della Repubblica popolare cinese al Senegal. Il Museo è il punto di arrivo di un’idea promossa mezzo secolo fa dal primo presidente del Senegal, il poeta e intellettuale Léopold Sédar Senghor. Un museo panafricano – alla stregua di quello di arte contemporanea inaugurato a Johannesburg nel settembre 2017 – chiamato a diventare un punto riferimento per far conoscere la storia culturale del continente, far emergere la sua identità artistica e il contributo dato al resto dell’umanità. In tutto potrà contenere fino a 18 mila opere che spaziano dalle vestigia dei primi esseri umani apparsi in Africa milioni di anni fa – tra cui teschi, attrezzi in pietra, maschere, pitture e sculture – fino alle creazioni artistiche contemporanee. Va però specificato che nonostante le promesse di Macron ad oggi la Francia ha restituito solo la sciabola di El Hadji Omar Tall. Uno che l’ha presa male è Emery Mwazulu Diyabanza, attivista congolese che ha deciso di ovviare a questo ritardo scendendo in campo in prima persona. Da mesi entra a volto scoperto, disarmato, nei musei d’arte africana francesi, si impossessa di opere d’arte trafugate dai colonialisti comunicando agli astanti che le riporterà in Africa… Un’attività che gli costata più di una denuncia per furto.
La riapertura, e il cambio di politica culturale, dell’AfricaMuseum: il Museo reale dell’Africa Centrale a Tervuren nella periferia di Bruxelles, considerato il più grande museo del mondo consacrato al continente africano
Il punto sulla campagna Decolonize the City a Milano e la storia della statua del rivoluzionario Thomas Sankara che, intallata vicino a quella del giornalista Indro Montanelli, è stata rimossa e sequestrata. Infine Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino ci racconta la vita della struttura che dirige in questi mesi di pandemia e di chiusure forzate.

Info sulla restituzione di tutti i tesori coloniali su colonialismreparation.org/it

 

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