Gentrificazioni istanbuliote

Da qualche anno Cihangir è uno dei quartieri più trendy di Istanbul, amato da artisti, intellettuali e bohemienne. Il quartiere è nel distretto di Beyoğlu, a due passi dalla centralissima piazza Taksim, dove si concentra gran parte della vita notturna della città. Dalla fine dello scorso secolo Cihangir ha cominciato a diventare un rifugio naturale per gli artisti. Il quartiere era poco sicuro e quindi le case costavano poco: l’ideale per chi naviga sulle acque economicamente incerte dell’arte. Oltre agli artisti arrivarono gli studenti e i primi locali modaioli. Novità che, provocando un aumento degli affitti, che costrinsero (e costringono) i vecchi abitanti del quartiere ad andarsene. Scompaiono le sacche di disagio e la prostituzione, il quartiere perde la sua anima per mutuarla con un maquillage più snob e sofisticato. E’ un classico processo di gentrificazione, tipico di metropoli come Istanbul. In questi anni, nella città più moderna e cosmopolita della Turchia, abbiamo assistito alla scomparsa e successiva rinascita di numerosi quartieri. E’ successo a Sulukule, un vecchio insediamento nell’area della penisola storica di Istanbul, nella municipalità di Fatih, abitata da circa mille anni dalla comunità Rom. Non esiste più, raso al suolo. I Rom scacciati. Sta succedendo a Tarlabaşı (sempre nel distretto di Beyoğlu), un quartiere povero, considerato malfamato, su cui si sta abbattendo un fiume di cemento. Qui nel corso dei secoli hanno abitato levantini, greci, armeni, curdi e ancora oggi propone una notevole ricchezza sociale. Il progetto di riqualificazione prevede la nascita di un centro commerciale, un albergo di dieci piani e un residence: costruzioni che nulla hanno a che fare con il mantenimento del tradizionale carattere residenziale del quartiere, fatto da case che non superano il quinto piano. Il futuro di questi quartieri è una delle scommesse che la Istenbul del terzo millennio deve riuscire a vincere: allinearsi alle esigenze economiche, commerciali e turistiche attuali, evitando pero’ di fare scempio del patrimonio culturale e architettonico esistente. E di peggiorare le condizioni di vita dei residenti di questi storici quartieri. P.S. Proprio nel cuore di Cihangir lo scorso aprile Orhan Pamuk ha aperto un nuovo spazio espositivo: il Museo dell’Innocenza. Lo scrittore l’ha definito un “city museum”, un museo della vita quotidiana di Istanbul, un museo sentimentale della storia d’amore tra Kemal e Füsun, protagonisti del suo romanzo che ha dato il nome al museo. In 83 vetrine tematiche – una per ogni capitolo del libro – sono raccolti oggetti di ogni tipo (bicchieri, posate, saliere, vestiti, foto, cartoline, biglietti della lotteria, orecchini, scatole di fiammiferi, lampade, una mappa, un poster anatomico, modellini di treni e di navi, documentari del Bosforo per un tocco di post-modernità) che in ogni vetrina fermano un mondo a sé. E ogni vetrina è stata disegnata e allestita direttamente da Pamuk: che tra mercatini e abitazioni private ha reperito tutto il materiale esposto. (Indirizzo: Çukurcuma Caddesi 2, Beyoğlu, İstanbul – www.masumiyetmuzesi.org)

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