Amburgo, la più ricca, la più ecologica, la più vivibile delle città tedesche. Una città a cui nuovi progetti curati da giovani creativi hanno cambiato il volto. E’ stata eletta European Green Capital grazie a una Road Map che la porterà al pareggio energetico – tra produzioni e consumi – entro il 2050. Una summa delle novità amburghesi sono nel quartiere di Hafen-city, letteralmente città-porto: un quartiere che, con un investimento di oltre 10 miliardi di capitali, ha già cambiato il volto della parte sud di Amburgo. Una delle costruzioni più appariscenti è l’Elbphilharmonie, la Filarmonica dell’Elba, inaugurata tre anni fa dopo anni di polemiche, ritardi e costi rivisti al rialzo. Nei suoi 110 metri di altezza ospita, naturalmente, molti spazi dedicati alla musica, prima fra tutte la grande sala da concerto da 2.100 posti (ci ha messo le mani il mago dell’acustica Yasuhisa Toyota), un hotel da 205 camere e 39 suite, una quarantina di appartamenti, ristoranti e caffè. A 37 metri di altezza si trova la Plaza, punto panoramico aperto al pubblico da cui si gode una vista a 360° sulla città e sul suo immenso porto. Per visitare una città è sempre meglio utilizzare una buona guida. A chi, sapendo della mia passione per Amburgo, mi ha chiesto un titolo io ho suggerito “St. Pauli siamo noi. Pirati, punk e autonomi allo stadio e nelle strade di Amburgo” (ed. Derive Approdi) di Marco Petroni. Chiariamolo subito non è una guida turistica, ma un libro che racconta St. Pauli, un quartiere segnato da mille contraddizioni: da sempre punto di forza dello sviluppo commerciale della città e luogo di lotta; focolaio di resistenza all’ascesa delle squadre naziste e sede di insurrezioni sempre fallite. Nella prima metà degli anni Ottanta il quartiere è segnato da miseria e abbandono, ma rinasce attraverso i palazzi occupati della Hafenstrasse, roccaforte del movimento autonomo e crocevia di tutte le battaglie politiche e sociali dell’epoca, e il Millerntor, piccolo stadio di calcio, all’interno del quale, sotto la bandiera dei pirati e al grido di “Mai più guerra, mai più fascismo, ma più serie C”, prende forma una nuova tifoseria e un nuovo modo di intendere il calcio. Il St. Pauli FC, squadra con la fama di “club di perdenti”, diventa così la bandiera calcistica della sinistra radicale, della scena squat, degli antagonisti e dei punk dell’intera Germania. Grazie ai tifosi e alle loro battaglie contro il razzismo, prima sulle gradinate e poi all’interno della struttura societaria, il St. Pauli FC diventa il simbolo di una comunità sincera, capace di esprimere la passione popolare per un calcio liberato da ogni forma di discriminazione.