Trieste è una città relegata ai margini dell’Italia. E’ la fine dell’Ovest, ma è anche una porta verso l’Oriente. Lo sanno anche i cinesi che hanno deciso di puntare su un grande terminal nel capoluogo del Friuli-Venezia Giulia per fare entrare in Europa le loro merci. Ne parliamo con Luigi Nacci, scrittore triestino, ma anche guida naturalistica. Uno che, per dirlo con parole sue, “interroga il paesaggio e dal paesaggio si fa interrogare”. Riflessioni, le sue, che partono dall’irrisolto quesito se Trieste sia o meno una città di mare. In effetti il mare le entra dentro, ma ha anche la montagna -il Carso- che la preme alle spalle. A tal proposito la camminatrice Fanny Marchese ci racconta delle impressioni avute nel recente trekking intorno a Trieste, mentre Carlo Moretti, CEO di Houseboat (houseboat.it), ci racconta delle escursioni che si possono fare nelle lagune di Marano, Grado e Caorle. Trieste è anche una città dove parole come cosmopolitismo e tolleranza sono vere da secoli, da quando nel 1719 Carlo VI d’Austria elesse la città a Porto Franco, attivando traffici e commerci che avrebbero attratto popoli di varia provenienza. A proposito di commerci quello del caffè è stato (ed è anche oggi) uno dei più importanti. La storia inizia nel 1683 a Vienna quando il Gran visir dell’Impero ottomano, Kara Mustafa, fuggì con il suo esercito dalla capitale asburgica grazie all’intervento delle armate di rinforzo. I turchi, stremati dall’assedio, si abbandonarono a una ritirata disorganizzata, lasciando davanti alle mura di Vienna tende, armi, viveri e bottino. E tra quel bottino anche sacchi di caffè. Il turco kahve (tradotto come “vino” o “bevanda eccitante”) affascinò il palato austriaco al punto da cominciare ad essere importato in grandi quantità nell’impero. Gli aromatici chicchi venivano trasferiti in Europa da Alessandria d’Egitto, e il porto più adatto a conciliare, con la sua posizione, realtà orientali e occidentali era proprio quello di Trieste. Storie come queste sono raccontate in libri che si possono trovare in botteghe come la libreria antiquaria che fu di Umberto Saba (Via S. Nicolò 30). Di lei, in “Storia di una libreria”, Saba nel 1948 scrisse che ”sono più fiero di questo (posto) che del Canzoniere; il Canzoniere fu un dono della natura, la Libreria è nata da un mio sforzo”. Ce lo ricorda Mario Cerne, figlio di Carletto, il commesso di Umberto Saba, che da anni ha rilevato la storica libreria. Cerne ci dice anche che Saba era una persona ‘selvatica’, proprio come molti dei suoi abitanti. E di questo essere un po’ orsi dei triestini parla anche Luigi Nacci nel suo libro di imminente pubblicazione “Trieste Selvatica” (Laterza edizioni).
Info https://www.turismofvg.it/
Blog Luigi Necci https://nacciluigi.wordpress.com/