Cachoeira e il Recôncavo Baiano

Il Brasile non è un Paese, ma un insieme di mondi raccolti disordinatamente sotto una stessa bandiera. Una millefoglie, a volte dolce, altre terribilmente amara. Proprio come sa esserlo la vita. Il Nordest è il Brasile sotto radice: una sorta di continente formato da nove stati. Se Brasilia è la capitale, São Paolo potrebbe esserlo e Rio de Janeiro sta in tutte le cartoline,  è il Nordest il cuore e l’anima del Brasile. E’ qui che nel XVII secolo nacque il Quilombo di Palmares, la più importante comunità di schiavi fuggitivi, e alla fine del XIX la comunità utopistica di Canudos. Nel XX secolo la regione diede al Brasile sia il suo musicista più popolare – Luiz Gonzaga – sia il suo più temuto bandito, Lampão. Per capirne l’essenza a Salvador de Bahia abbiamo visitato uno slum in compagnia di Joselito, che nella favela Gamboa Baixa c’è cresciuto. Un incontro fondamentale per depurarci da certi luoghi comuni… Da Salvador siamo partiti verso il Recôncavo Baiano, la regione geografica situata intorno alla Baía de Todos-os-Santos. Dopo 80 km di una autostrada sempre trafficata, ai cui bordi si ergono con nonchalance arditi grattacieli e le misere baracche di sterminate favelas, la statale 420 entra nel cuore di questa regione. L’orizzonte si apre in un paesaggio cinematografico dell’ovest americano, nuvole bianche nel blu, con l’aggiunta di palme. Uno scarabeo bianco scompare sull’asfalto, piantagioni di bambù, quindi eucalipto. E’ una terra fertile, ideale per la coltivazione della canna da zucchero e del tabacco. Ma anche l’area dove la Petrobas, azienda petrolifera statale, cerca di fare bingo con il gas. Superato Santo Amaro da Purificação, il borgo natale di Caetano Veloso, la strada fiancheggia colline lisce, vecchi campi sullo sfondo e nuovi oleodotti. Dopo mezz’ora un arco appare contro il cielo, annunciando “Cachoeira Heroica e Monumento Nacional”. Eroica per aver partecipato alle lotte per l’indipendenza, storica per il patrimonio. Si dice che sia stata fondata da Diego Álvares Correia, un naufrago portoghese del 16 ° secolo adottato dagli indigeni con il nome di Caramuru. Altrettanto mitico è Valmir Pereira dos Santos, noto come Valmir da Boa Morte. Milita in quattro gruppi musicali ed è lui la guida che mi fa scoprire Cachoeira. Con lui ammiro piazze, chiese, case barocche e liberty, abitazioni dalle facciate colorate… Con Valmir visito il terreiro più importante della città: quello frequentato dall’Irmandade de Nossa Senhora da Boa Morte. E’ una Confraternita nata 150 anni fa nelle case degli schiavi locali che offrirono rifugio a quelli fuggiti dalle piantagioni di canna da zucchero, ed è composta esclusivamente da donne di colore. Con la fine della schiavitù, le “sorelle” si avvicinarono alla chiesa cattolica e fondarono l’organizzazione che attualmente è ospitata all’interno di un complesso di quattro edifici di due piani ognuno risalenti al XVIII secolo. Non c’è da stupirsi: nel Recôncavo vige una cultura matriarcale. Da queste parti durante le cerimonie del Candomblè la figura apicale è sempre una donna, la Mãe-de-santo. La donna nera baiana è guerriera, militante, attivista… e come tale ha fatto la Storia. A giudicare dai soggetti di numerose sue opere, dalle donne locali rimase colpito anche un artista tedesco: Karl Heinz Hansen, che dopo aver vissuto da queste parti aggiunse al suo cognome Bahia, diventando Karl Heinz Hansen Bahia. Ha raccolto 13.000 pezzi, tra sculture in legno, oggetti di artigianato, tavole con scena di vita campestre incise a Bassorilievo, personaggi africani, santi e divinità del candomblè che oggi sono archiviati nel la sua casa-officina, la Fazenda Santa Barbara. Le passeggiate con Valmir terminano sempre davanti al Paraguaçu. Da queste parti i fiumi sono molto più di un corso d’acqua. Non a caso la guida che ci accompagnato sulle navigazione del fiume São Francisco, il quarto sistema fluviale per dimensioni in Sud America e il fiume più lungo che corre interamente in Brasile, ci ha ricordato che “è estremamente importante per tutti noi che viviamo qui. E’ come il sangue che ci scorre nelle vene. Questa è una comunità di pescatori e lo era anche in passato. Noi che viviamo qui, i ribeirinhos, facciamo attenzione e abbiamo cura di questa natura come una madre ha cura di suo figlio…”. 

Il viaggio e i contatti che hanno permesso la realizzazione di questa trasmissione sono tutto merito di Miriam Silva ( che sta già lavorando per organizzare un nuovo viaggio nel nord-est brasiliano per gli ascoltatori di radio popolare).

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