Murales

Piccole edicole, affreschi, murales, altari a Napoli ricevono la devozione popolare: sono dedicati a vittime accidentali o a quelli che la cronaca definisce “giovani criminali”. Entrambe le categorie sono ritenute in grado di intercedere per chi è rimasto. La ministra Lamorgese è drastica: “Rispettiamo il dolore, però sulla legalità non cediamo e li smantelleremo”. Nei Quartieri Spagnoli il murales dedicato a Ugo Russo, un 15enne del quartiere freddato mentre tentava una rapina ai danni di un carabiniere fuori servizio la notte del 29 febbraio 2020, è uno di questi e la volontà di cancellarlo sta creando forti tensioni, come testimoniato dalla pagina facebook del comitato degli amici di Ugo. Lo scrittore Luca Delgado, senza far coincidere le due tragiche storie, fa una riflessione tra la storia di Ugo e quella di George Floyd: “Qualcuno mi deve spiegare il perché quando George Floyd è morto si è fatta la corsa alla denuncia e alla richiesta di giustizia e per Ugo Russo invece si è fatta la corsa a chi lo disconosceva come napoletano e lo condannava con il solito campionario di cattiverie inutili e banali, come se la sua morte fosse una liberazione. Mi si deve spiegare perché, dopo l’ordinanza del Comune e il parere del Prefetto, si intende procedere alla rimozione del murale che ritrae Ugo Russo, quando di George Floyd esistono murales in tutto il mondo”.
Laika è una donna romana che tiene molto al proprio anonimato. Nelle foto che la ritraggono appare con una maschera bianca e una parrucca rossa. Di lei non è dato sapere quasi nulla, né età né quartiere di provenienza, tranne che è single. Di sé non vuole dire altro, tutto qui. Anche nelle conversazioni telefoniche usa un modulatore della voce per non correre il rischio di farsi identificare. Laika, il nome di copertura che utilizza come filtro dalla vita reale, è Laika MCMLIV (1954 scritto in numeri romani, anno di nascita della cagnetta russa che fu il primo essere vivente in orbita nello spazio a bordo dello Sputnik 2).
La scelta di non mostrare mai il proprio volto è giustificato dalla volontà di non volere che il suo aspetto fisico influenzi il suo messaggio. L’immagine neutra di un alter ego inventato la rende libera. Laika in genere non utilizza i muri come tele per i suoi dipinti, ma li usa per attaccarci i poster che lei produce. Scherzando non si definisce street artist, ma attacchina.
Qualche giorno fa si è recata al confine tra Bosnia e Croazia, nelle località di Lipa, Bihac e Velika Kladusa, nel Cantone dell’Una Sana, per raccontare, attraverso i suoi poster, le condizioni in cui versano i migranti.
Il calciatore guineiano Cherif Karamoko invece è uno che il viaggio da migrante l’ha vissuto sulla propria pelle. Un viaggio durante il quale ha perso suo fratello: dopo aver perso i genitori, il fratello rappresentava la figura più importante nella sua vita… Un’esperienza drammatica che racconta nel libro “Salvati tu che hai un sogno” (Mondadori). Una storia emblematica che aiuta a comprendere l’apocalisse che molte persone e interi popoli, non solo del continente africano, stanno vivendo in questi decenni oscuri.

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