Iran

Teheran è una capitale divisa in un Nord ricco, dove si costruiscono senza sosta nuovi palazzi e dove le Maserati dai colori bizzarri rombano intorno ai caffè alla moda, e un Sud povero dove famiglie iraniane e migranti afgani vivono in case basse e vecchie, tra disoccupazione e tossicodipendenza. Una città che, mentre viaggi dall’aeroporto al centro città, ti regala la visione di una costruzione da mille e una notte (che poi scoprirai essere il mausoleo dell’ayatollah Khomeini) e che sui muri al posto di disordinate tag propone incredibili murales in maiolica. La serie di contraddizioni che trovi nella capitale iraniana sono il paradigma della dicotomia tra modernismo e tradizione che regna nell’animo dei giovani persiani. Basta farci due chiacchiere per capire che hanno un orgoglio che spesso li spinge a sentirsi superiori agli arabi, agli ebrei, ai pachistani, agli indiani, ai turchi, ai curdi, agli afgani e, nello stesso tempo, a coltivare il culto del khareji, lo straniero. Secondo la scrittrice Lila Azam Zanganeh, “sono in balia, a volte preda, di un dualismo lancinante: l’attrazione per tutto ciò che è occidentale e il senso profondo della cultura locale e dell’orgoglio nazionale”. I libri delle scrittrici iraniane sono un ottimo mezzo per entrare in un mondo così diverso dal nostro. Brioschi editore ha pubblicato i lavori di autrici iraniane che vivono nella Repubblica islamica dell’Iran e scrivono in persiano senza ammiccare all’Occidente. Farian Sabahi ne consiglia almeno un paio: “La scelta di Sudabeh” di Fattaneh Haj Seyed Javadi e “A Teheran le lumache non fanno rumore” di Zahra ‘Abdi. Per capire l’Iran di oggi è anche opportuno visitare la città di Mashad, dove sono iniziati i disordini delle scorse settimane. E’ meta di pellegrinaggio religioso dove viene venerato Alī al-Riḍā, l’ottavo Imam dello sciismo duodecimano, ed è un buon punto di partenza per spingersi verso le verdi coste del Mar Caspio, e conoscere località come Sari e Ramsar. Un viaggio che può avere la sua apoteosi inerpicandosi sino a Masuleh: un villaggio a mille metri di altitudine con un’architettura unica. Aggrappato al fianco della catena montuosa di Alborz, lungo un dislivello di circa cento metri, presenta una conformazione terrazzata in cui il tetto della casa inferiore costituisce il cortile e il marciapiede di quella superiore. Un eccellente esempio di ecosostenibilità sia per i materiali usati (le case sono in legno e argilla su due piani collegati da scale tortuose) che per i labirintici passaggi che collegano i vari strati cittadini che rendono impossibile l’accesso delle auto.

Come allegato a questa puntata un file con l’intervista a un ragazzo iraniano trentacinquenne. Da anni vive in Italia ed è appena tornato da un viaggio in Iran, dove ha parlato con i ragazzi in piazza in queste ultime settimane.

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