Visitare Berlino significa fare viaggi nel tempo e nello spazio, spesso impossibili altrove. Il passato riempie le pareti e i mattoni di palazzi nati con uno scopo e poi diventati qualcos’altro, senza però perdere identità. Illuminante l’esempio della TeppischFabrik, una fabbrica tessile abbandonata che da luogo di produzione è diventata location per eventi e festival: graffiti, installazioni luminose e dipinti lo hanno trasformato in un luogo vitale di creatività urbana. L’architetto Emilia Antonia De Vivo ci racconta le specificità architettoniche di Berlino illustrando la filosofia che regola le visite che organizza in città: partendo dalle IBA Berlin 1957 e IBA 1982-’87 (International BauAusstellung Berlin) per arrivare alle riconversioni contemporanee, come il Tempelhofer Feld, l’ex aeroporto figlio dei deliri di onnipotenza di Hitler oggi paradiso di ciclisti e pattinatori. Grazie a Il Mitte, il quotidiano di Berlino per italiofoni, conosciamo i lavori di due street artist locali: Hera e Akut, conosciuti universalmente come Herakut. Cerchiamo di fare il punto sul famoso muro, scoprendo che pezzi della “barriera” tedesca crollata 26 anni fa sono finiti un po’ ovunque, dal Vaticano a Seul. Regalati dal governo federale o chiesti come ricordo, gli scampoli del muro di Berlino incarnano il bisogno di stare vicino ai simboli. E a proposito di simboli sono ricercatissimi gli oggetti che ricordano la vecchia Berlino est. E’ cool fumare le mitiche f6, una sorta di Nazionali in versione marxista-leninista, e bere Vita Cola, la risposta rossa della Turingia alla famigerata bibita gassata. Tornano a viaggiare gli scoppiettanti motorini modello Schwalbe, prodotti in un’ex fabbrica di Stato della Sassonia, e persino la Trabant, l’auto più brutta di tutti i tempi, è rinata con un modello dotato di navigatore… E’ il delirio ostalgico, da ‘ost’: che in tedesco significa est…
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