Trieste è una bella città per fare jogging. Per una camminata, tutta salute e paesaggio da cartolina, c’è la strada Napoleonica: circa un’ora la sola andata, con un lieve dislivello in discesa fino al piccolo abitato di Prosecco, e splendide vedute sul golfo cittadino. Per chi vuole corricchiare c’è la tratta che collega la Stazione centrale con Barcola e oltre, verso il castello di Massimiliano. Il percorso si snoda parallelo ai chilometri di inferriata, e di muro, oltre i quali si nasconde un segreto di 700mila metri quadrati. E’ una città nella città, un luogo nato come parte integrante dello spazio urbano, oggi separato dal centro abitato da alte mura, recinti e valichi sorvegliati. E’ il Porto Vecchio, l’antico scalo marittimo cresciuto ai tempi dell’impero asburgico, motore dell’economia finché Trieste fu emporio dell’Austria-Ungheria, quindi avviato a un lento e inarrestabile declino dal novembre del 1918, quando la città fu occupata dall’esercito italiano. E’ uno dei waterfront più appetibili d’Europa, un enorme potenziale per la città (… basta vedere cosa hanno fatto a Marsiglia e Glasgow). C’è chi ha pensato di ‘sfruttare’ un elemento di cui Trieste è ricca, il vento, per creare un magazzino che raccogliesse elementi che potrebbero finire in un vero e proprio museo dei venti. Ci si può trovare l’Archivio dei Venti del Mondo (una bizzarra raccolta di venti in scatola, ovvero oltre 130 venti imbottigliati, inscatolati, impacchettati provenienti da quasi tutto il mondo), ma anche opere di qualità di artisti talentuosi tra cui Pascutto, Pastrovicchio, Pezzolato, Spigai, tutte pertinenti con i temi del museo. Questo magazzino è la conferma che Trieste, oltre a eccellenze fantastiche (piazza Unità d’Italia, il Museo Revoltella, il castello di Miramare…) ha tanti altri ‘piccoli’ segreti da scoprire. Tra questi Katastrofa, un nuovo Alì Babà pieno di passione e poesia che, ai suoi visitatori, propone vecchi mobili rivisitati, oggetti d’arte, antiche ceramiche e vetri ricercati in Italia e all’estero. Chi invece vuole un tuffo nel passato, oltre ad un aperitivo negli storici caffè cittadini, deve puntare sulla drogheria Toso: qui tutto è rimasto intatto dal 1906. Dagli scaffali con cassetti di legno color avorio alti fino al soffitto, agli articoli che ormai da anni non vengono più smerciati negli altri negozi. Nei grandi cassetti in legno ci sono ossidi per decoratori, terre verdi e rosse, talco. Caramelle e caramelline per tutti i gusti: al rabarbaro, balsamiche al miele, i diavolini, le mente bianche… E poi catturapolvere in piume di struzzo, scope in crine di cavallo, gratta schiena in legno. L’odore che punge le narici è quello delle spezie, dei chiodi di garofano, della citronella, dei semi di senape e del sapone di marsiglia, tutto sfuso e venduto a peso. L’odore che invece si respira nelle cantine dell’agriturismo Bajta è quello dei salumi che qui stagionano tra la roccia viva. Siamo nel cuore del Carso e qui tutto deve fare i conti con la conformazione morfologica dell’area. Anche i maiali che razzolano intorno all’agriturismo.
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