Il FAC, Fabrica de Arte Cubano, è a 10 minuti di taxi dall’Habana Vieja. E’ al confine del Vedado e di Miramar. Due quartieri, principalmente Miramar, dell’Avana bene. Ed è proprio da questi quartieri che arrivano i ragazzini che affollano il FAC. Sono i Miki, look e postura da fighetti. Sono il lato cool della gioventù cubana, a cui si contrappongono i Repo, i ragazzi cresciuti nei ‘reparto’ (da cui il loro nome): gli edifici di edilizia popolare simili ai casermoni sovietici dei Paesi dell’Est. Oltre al look hanno anche gusti musicali diversi: i Miki sono amanti delle musiche internazionali, i Repo vanno pazzi per il reggaeton. L’ingresso al FAC è di due CUC: una cifra irrisoria per un turista, accettabile per un miki, impossibile per un repo. Il sabato sera la coda per entrare supera abbondantemente i 100 mt. Una volta entrati ci si trova in un locale che sarebbe all’avanguardia a Berlino. Mezzo club, mezzo art gallery, dispone di spazi per concerti, per proiezioni, per ballare, mostre d’arte e fotografia, spazi espositivi per giovani stilisti. Più qualche bar dove i cocktail costano un terzo rispetto a La Bodeguita del Medio. Il locale è una idea di X Alfonso, un artista che miscela ritmi tradizionali con spunti elettronici, uno dei padri di una particolare forma pionieristica di hip hop cubano. Il FAC è una perfetta fotografia della Cuba che sta cambiando e che lascia intravedere L’Avana di domani. Quella che in parte si vede all’Avana Vieja, dopo i lavori di ristrutturazione governati da Eusebio Leal Spengler. E’ il padre padrone dell’ Oficina del Historiador de la ciudad, un concetto intraducibile in italiano. E’ l’organo culturale più importante di Cuba. In questi anni ha provveduto a ristrutturare gli incantevoli quanto deteriorati edifici dell’Avana vecchia, e ora si appresta a ripetere la stessa operazione con quelli del Malecon, il lungomare cittadino. Ma è solo una delle molte attività di questo ufficio tanto poliedrico: alcuni dei palazzi ristrutturati sono diventati musei, altri hanno visto la fioritura di variopinti negozi, botteghe, centri di servizio, nei quali si dà lavoro alla gente del quartiere, spesso tra i più poveri della città. E di quartieri poveri all’Avana, una città di due milioni di abitanti, ce ne sono più di uno. Il 10 de Octubre è uno di questi. Vecchie case della borghesia pre-rivoluzionaria oggi in rovina, dove abitano famiglie povere dividendosi le stanze. Un amico cubano mi dice che sarebbe bello creare delle cooperative che possano rilevare immobili come questi. Un’idea che se andasse in porto impedirebbe speculazioni ad opera di qualche americano in arrivo da Miami e consentirebbe a chi ci abita oggi di migliorare lo stato delle loro abitazioni e continuare a vivere in un angolo favoloso dell’Avana. E’ solo uno dei tanti progetti che oggi vengono dibattuti all’Avana. In attesa del cambio….