Oggi Glasgow ha quasi terminato il processo che l’ha trasformata da una città mercantile ed industriale ad una città legata al turismo culturale. Oltre alla rinata Kelvingrove Art Gallery and Museum e ai numerosi edifici griffati Charles Rennie Mackintosh, in questi anni Glasgow si è dotata di nuovi spazi museali e di arene per concerti ed eventi. Nel lato occidentale della città, dove una volta c’era il porto commerciale, oggi sorgono costruzioni impensabili solo qualche lustro fa. E’ il caso dello Shag, acronimo di Scottish Hydro Arena Glasgow: una struttura circolare in vetro e acciaio, simile ad una gigantesca astronave, un’arena futuristica in grado di ospitare circa 12.000 spettatori. Targata Norman Foster, sorge sulla riva del Clyde, lungo il Pacific Quay. A poche decine di metri c’è il Clyde Auditorium, familiarmente conosciuto come “The Armadillo”, un centro congressuale dal tetto in titanio firmato Norman Foster. Sull’altro lato del fiume il Glasgow Science Center, una sorta di mall dedicato alla scienza e la Glasgow Tower da cui si gode una vista strepitosa sulla città. Poco più a valle il Riverside Museum, il museo dei trasporti targato Zaha Hadid. Una rivoluzione architettonica congegnale ad nuova economia, costruita con la cultura e il turismo. La parte orientale della città, East Glasgow, invece è rimasta ferma a qualche lustro fa. Ex dipendenti del porto da anni senza lavoro, in balia di un welfare che lascia molto a desiderare, vivono in questo lato della città. I locali pubblici sembrano fermi a certe cartoline di realtà anglosassoni targate anni Ottanta. E’ qui che si raggiungono i vertici britannici delle classifiche per il tasso di disoccupazione, per i morti di overdose, per il cancro ai polmoni e per omicidi all’arma bianca. Qui le Charity hanno un sacco di lavoro. E pochi anni fa l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha pubblicato un’indagine da cui emerge che la differenza nella speranza di vita tra un bambino nato in un quartiere ricco – nel sud e nell’ovest – e un altro messo al mondo in un quartiere povero della stessa città -nell’est- raggiunge i 28 anni: 54 anni per gli uomini, 75 per le donne. Una incredibile dicotomia. Da un lato la città si propone come una delle tre capitali europee dell’arte contemporanea. Si accaparra riconoscimenti (per esempio quello di ‘città britannica dell’architettura e del design’), attira i maggiori eventi sportivi e i turisti abbienti. E’ quindi logico che sulla stampa europea appaiano lusinghieri reportage, che però sistematicamente dimenticano di citare lo scarto nella speranza di vita tra gli autoctoni. Di come si vive a East Glasgow ce lo racconta un avventore di The Tolbooth, è un pub attivo dal lontano 1906.
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