E’ una realtà diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia, il preambolo di un processo che inesorabilmente porta all’abbandono. Borghi disabitati, villaggi fantasma, rioni crollati. Insediamenti urbani avvinghiati su scoscese pendici alpine e piccoli centri adagiati su falsopiani appenninici. Nella Puglia del boom turistico e nella Basilicata del Petrolio. Ma anche enormi cascine della Padania e ataviche urbanizzazioni su isolotti dell’arcipelago veneziano. Tramite Google Earth sono stati mappati circa 1.500 borghi abbandonati: luoghi in grado di mandare in crisi anche il più efficiente dei navigatori satellitari. In alcuni casi, come a Calsazio, ai piedi del Gran Paradiso, viene messo all’asta su eBay l’intero paese (o quel che ne resta). Altrove si cerca di sfruttare i ruderi a scopo turistico, come a Craco in Lucania: un borgo abbandonato diventato famoso per essere stato utilizzato come location per più di una pellicola cinematografica. Non ci hanno girato nessun film, eppure sembra estratto dalle scenografie di un lavoro di Tim Burton, anche Consonno (Lecco), il mirabolante progetto di un costruttore visionario (e, per alcuni, senza scrupoli): Mario Bagno. Nei primi anni Sessanta si mise in testa di creare una Las Vegas brianzola. Un incrocio tra Disneyland e il paese dei balocchi: con tanto di parco dei divertimenti, il salone delle feste, negozi… Un posto dove l’edificio principale ha un’architettura bizzarra e arabeggiante ed è sormontato da un minareto. Oggi, dopo tre giorni di orgia chimica durante un rave party che nel 2007 ha completato la devastazione operata dal tempo, è l’ennesima ghost town del Bel Paese. E anche qui la natura, in precedenza cacciata dall’antropizzazione, è ritornata con prepotenza cercando di reinstallarsi tra le macerie e le opere d’ingegno abbandonate dagli umani…
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La Lucania lunare dei calanchi
Un viaggio nel cuore più nascosto e solitario della Basilicata. E’ la Lucania, il luogo magico e pieno di spiritualità descritto da Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”. Borghi come Aliano, la cittadina dove Levi trascorse il suo periodo di confino. Ferrandina, una città fondata nel 1400 da Federico e Isabella d’Aragona. Craco, un suggestivo borgo fantasma che sorge fra paesaggi da film western, e che, per la sua bellezza, è stato inserito nella lista del World Monuments Fund. E Pisticci, il borgo famoso per le casette bianche allineate sul Rione Dirupo, sorto sulla frana che nel 1688 devastò il borgo. E’ il paese della brigantessa Maria la Pastora, mitica compagna del leggendario bandito Ninco Nanco (Ninghe Nanghe in dialetto), devoto luogotenente di Carmine Crocco, il “Napoleone dei Briganti”, uno dei più temuti e ricercati fuorilegge del periodo post-unitario. Pisticci galleggia sui calanchi: concrezioni dalle forme incredibili create da ignote coordinate fisico-chimiche. Profondi canyon, aride dune bianche che si sbriciolano per colpa degli agenti atmosferici, pinnacoli naturali ed enormi sculture d’argilla impastata dal sole che si sgretolano sotto il peso del tempo. Il calanco, per la cultura contadina, era un luogo sacro e demoniaco. Demoniaco perché non avendo humus non è terra fertile. Sacro perché nei calanchi venivano seppelliti i defunti. Si scava con facilità nei calanchi, entità che non sono mai state soggette a vincoli di proprietà perché, in quanto composti da terra non fertile, non sono mai stati allettanti per i contadini. Su questa terra, non riuscendo a crescere in altezza, alcune piante si stirano, si allungano, creando così disegni che si intersecano con le crepe dell’argilla. Ma dove, improvvisamente, si stagliano baldanzose alcune orchidee selvatiche.
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Foto di Bruno Zanzottera/Parallelozero ©