Erbonne. 940 metri sul livello del mare. Pendici che precipitano a capofitto nelle acque del lago di Como.Una frazione di 9 abitanti del comune di San Fedele Intelvi, nella porzione più alta della Val Breggia, la stessa che per gli svizzeri è la valle di Muggio. Una valle inquieta, mazziniana e valdese, anarchica e contrabbandiera prima di rassegnarsi a un docile tramonto. E’ uno degli scenari che fanno da sfondo alle storie che Cecco Bellosi racconta in “Con i piedi nell’acqua – Il lago e le sue storie” (2013, Milieu). Ed è proprio ad Erbonne che Cecco ha convocato, una mattina dello scorso luglio, qualche (ex) contrabbandiere e qualche (ex) finanziere. Gente che per anni, su quelle irte montagne, ha ‘giocato’ a guardie e ladri. Contrabbandieri, sfrosatori, spalloni che, tra l’inizio del secolo breve e i primi lampi del Sessantotto, furono protagonisti di imprese a metà tra l’epico e il picaresco. Irregolari che imperversavano in anni in anni in cui il lago non era ancora la meta dei nuovi ricchi. “Sullo scorcio di fine secolo” scrive Bellosi “si è passati velocemente, insinuando qualche debole traccia di cronaca rosa sui muri screpolati nei secoli, dallo stilista italiano all’attore americano al petroliere russo arricchito alla borsa nera della morte del comunismo: c’è chi il bandito lo interpreta al cinema, e chi lo fa per professione nella vita di tutti i giorni». Mondo tosto, quello del lago e dei laghée. Al cui centro c’è il mestiere dello sfrosatore: un lavoro duro che consiste nel passare la frontiera per portare farina, caffè, tabacchi, zucchero, dadi, selvaggina. Un’attività dove regnano regole ferree, rituali, comportamenti che non ammettono deroghe o distrazioni. Dove ci sono gerarchie dettate dalla capacità individuale di saper trovare ogni volta un passaggio ignoto ai burlanda (i finanzieri) e alla tribù (la polizia tributaria), di saper organizzare e tenere insieme una colonna: da cui le leggendarie vite e imprese dei capi del contrabbando…
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