Belfast

Belfast_City Hall di notte

Ci sono tanti muri a Belfast. Quelli di cemento e acciaio che dividono i quartieri cattolici da quelli protestanti. E poi ci sono i muri invisibili alimentati da decenni di guerra civile e odio tra le due comunità. I secondi stanno lentamente crollando, anche se i tremila morti di questo conflitto pesano ancora sulle comunità. La conferma arriva dalle cosiddette Pace Lines. Sono muri, barriere, cancelli, strade interrotte, checkpoint militari e zone di coprifuoco controllate dalla polizia, come se fosse ancora in guerra. Tagliano in due i quartieri più caldi, aree di interfaccia come Shankill, Ardoyne, Short Strand. E’ sui muri di questi quartieri che c’è la maggior concentrazione di murales. Se sino a qualche anno fa il modo migliore per ammirarli era fare un tour a bordo di un Black Taxi (prevalentemente per questioni di sicurezza), oggi si può tranquillamente decidere di immergersi nell’atmosfera di questi quartieri ed esplorarli a piedi partendo dalla Peace Line. Belfast ha anche il muro più inquietante del paese: lungo centinaia di metri eretto, ma si dovrebbe dire scavato, nel sottosuolo del cimitero. E’ alto, ma si dovrebbe dire basso, undici piedi (circa quattro metri) ed è chiamato il sunken wall, il “muro verso il basso”. Nel cimitero i visitatori si muovono liberamente lungo i viali e i sentieri alberati. Nel sottosuolo invece il muro isola i corpi in uno spazio oscuro di terra e sassi dove anche l’ anima rimane imprigionata, segregata, condannata a restare dalla “sua” parte. Un muro che non separa i vivi, ma i morti. Sepolto tra la gente comune, senza mausoleo ma con una tomba addobbata con pochi fiori, una sciarpa del Manchester United ed un gagliardetto del Glentoran, c’è l’eroe che unifica gli abitanti di Belfast: George Best, un brasiliano travestito da irlandese. Capelli lunghi, basette folte, occhi azzurri: fu un calciatore che con una finta ubriacò tutti, anche se stesso. Un uomo che non seppe smarcarsi dalla vita. Sconfinò, dribblò anche la sua epoca, mai stato regolare. Un vero ribelle, e per questo amato. In molti vorrebbero che accanto a lui fosse sepolto anche un altro calciatore: Patrick O’Connell, irlandese, classe 1887 (xche oggi riposa in una anonima tomba londinese). Fu giocatore del Belfast Celtic, formazione filo-irlandese, cattolica e indipendentista, per anni protagonista della partita più accesa dell’Irish League: il match con il Linfield Fc, protestante, filo-britannico e unionista. O’Connel fu anche allenatore del Barcellona e negli anni della Guerra Civile spagnola salvò il club blaugrana dal fallimento. Oggi un murales lo ricorda su un muro di Falls Road. Accanto al suo ritratto quello di un calciatore che senza di lui non avrebbe una squadra: Lionel Messi. Vivo e vegeto è il terzo eroe cittadino: Van the man Morrison, vera e propria istituzione locale. Le sue sono canzoni che danzano sul filo di mescolanze urticanti: dal ribellismo blues e soul degli inizi con gli Them, al folk, al jazz e di nuovo al blues. Con il passare degli anni ha aumentato il talento, è cresciuta la pancia e si è affinato il linguaggio. Per conoscerlo niente di meglio del Van Morrison trail, un percorso guidato lungo le geografie della sua città.

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