Sentieri etilici vallesani

Per gli amanti delle sensazioni forti un week end nel Vallese può iniziare prendendo la funivia a Blatten, poco lontano da Briga, e con una breve camminata raggiungere  l’hotel Belalp e la sua cappella. Qui ci si trova al cospetto del ghiacciaio dell’Aletsch: una visione che lascia senza fiato. Poi con calma ci si può spostare verso la vallata del Rodano, dove si coltivano oltre 60 vitigni differenti. L’85% del territorio è coltivato a Pinot Noir, Chasselas (da cui si ricava il bianco più comune, il Fendant) e Gamay,  ma sempre più si cerca di piantare vitigni autoctoni ed esclusivi, come i rari Petite Arvine, Amigne, l’HumagneBlanche (per quanto riguarda i bianchi) e Cornalin e Humagne Rouge (per i rossi). I vigneti sono ricavati da vasti terrazzamenti che si arrampicano dalle sponde del Rodano, spesso ripidamente. Il lavoro è particolarmente difficile perché i muri a secco richiedono una costante manutenzione per evitare frane e anche tutti i lavori in vigna devono essere effettuati rigorosamente a mano, con l’unica eccezione in alcuni casi dell’impiego di particolari monorotaie mobili che permettono di trasportare le gerle con i grappoli vendemmiati. E’ un’enologia che si può definire eroica anche perché gli appezzamenti sono in genere piccoli, se non minuscoli. A dar una mano ai vigneron ci pensa il clima. “Stretto” tra le alte montagne dell’Oberland Bernese a nord e le Alpi a sud, la valle del Rodano è protetta dalle piogge e così in Vallese piove mediamente quanto ad Algeri. Tanto è vero che l’irrigazione è fornita da una lunga rete di canali (le “Bisses“) che portano a valle l’acqua di scioglimento della neve dalle montagne. Lungo le bisses sono stati ricavati dei percorsi escursionistici affascinanti, sentieri che attraversano i vigneti costeggiando i muri a secco. Uno dei più belli è la Bisse de Clavau, nei pressi di Sion.  Si parte dal centro città e superato lo strappo che porta ai vigneti, si percorre un sentiero pianeggiante che regala viste strepitose sulla vallata e sul Rodano, che per via dei minerali che trasporta dal ghiacciaio da cui nasce ha un incredibile color turchese. A rendere ancora più interessante la camminata sono le tappe che si possono fare presso alcune garitte che spuntano in mezzo ai vigneti. Qui si possono accompagnare i vini locali con stuzzichini del territorio, raclette vallesana a volontà e torte di stagione della casa. Per saziare lo spirito invece c’è la vigna di Farinet. Joseph Samuel Farinet a metà del XIX secolo era famoso come falsario delle monete da 20 Centesimi di Franco che distribuiva generosamente tra la popolazione in cambio di cibo e protezione dalle autorità. Nonostante tutti sapessero che le monete erano false, nondimeno queste circolavano liberamente. Farinet, braccato, arrestato, evaso subito dopo e poi fuggiasco, morì in circostanze non chiarite e divenne una specie di eroe popolare. Ritenuto una sorta di Robin Hood locale, c’è chi si spinge a presentarlo come il Che Guevara del Vallese. La vigna che porta il suo nome, oggi  di proprietà del Dalai Lama, è un oasi di pace spirituale visitata ogni anno da migliaia di persone. E Farinet, pur non dispensando miracoli, è diventato una sorta di laico Padre Pio.

vallese.ch  –  belalph.ch  –  siontourisme.ch

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La traversata delle Alpi con Walter Bonatti

 

SERATA BONATTI

Walter Bonatti, il tenente degli alpini Luigi Longo e alcuni compagni che via via condivisero tratti del percorso, tra il 14 marzo e il 18 maggio 1956, compirono un’impresa senza precedenti nella storia delle Alpi. Facendo affidamento solo sulle loro gambe e senza mai aver preso strappi da mezzi meccanici, Bonatti e Longo riuscirono in 66 giorni ad attraversare l’intero arco alpino. Partenza: Stolvizza (573 m), Alpi Carnie. Arrivo: Colle di Nava (934 m), Alpi Marittime. 1795 chilometri e 73mila metri di dislivello. Per quest’impresa Bonatti dismise i panni dell’alpinista estremo che tutti conoscevano, e divenne un viandante della neve. Rifare oggi, passo passo, questo percorso è impossibile: le Alpi sono troppo cambiate. Secondo il geografo Franco Michieli è difficile capire se le Alpi siano mutate di più da quando l’uomo le ha abitate dopo l’ultima glaciazione o negli ultimi sessant’anni. Fotografie, appunti  ed oggetti di questa impresa oggi sono reperibile al Museo della Montagna di Torino.

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